VANESSA FERRARI: Un’atleta sempre più in alto, sempre più avanti!
Lei è la regina italiana della ginnastica artistica che ci ha fatto sognare in questi anni e ha rappresentato superbamente i colori nazionali in giro per il mondo. Ora sogna le Olimpiadi di Rio del prossimo anno. In futuro? “Vorrei fare qualcosa di diverso, ma adesso penso solo ad allenarmi!”, ci racconta sulle pagine di Logyn.
Tra tante discipline sportive, la ginnastica artistica… Perché? Cosa ti ha avvicinata a questo sport?
Semplicemente una ginnasta che si esibiva sulla trave mentre guardavo la televisione. Avevo sei anni e chiesi a mia mamma di portarmi in una palestra dove si praticava la ginnastica artistica.
A che età hai cominciato a gareggiare?
Verso gli otto anni. In una gara dove c’erano un sacco di altre bambine. Vinsi ma non mi ricordo cosa c’era come premio. Forse solo una medaglietta.
I sacrifici che hai dovuto accettare per arrivare ai traguardi raggiunti?
Talmente tanti che non me li ricordo neppure. Finché ero bambina non mi pesava niente. Anzi sarei stata in palestra anche di notte. Poi, crescendo, quando capisci che oltre alla palestra ci sono anche altre cose, si fa più difficile. Ma non rinnego niente. I miei sacrifici sono stati ampiamente ripagati e con gli interessi.
Com’è la tua routine giornaliera?
Adesso è abbastanza semplice. Mi alleno quasi sempre la mattina, quindi sveglia attorno alle 8, faccio colazione e poi vado in palestra che è vicina a dove abito ora. Verso le 13 stacco e solo una o due volte la settimana torno ad allenarmi un paio d’ore per mettere a posto qualcosa dei miei esercizi, oppure semplicemente per una sgranchita alle gambe. Pomeriggio e sera sono libera di leggere, uscire a far shopping o a bere qualcosa con i miei fratelli o qualche mia amica.
La ginnastica artistica e l’età: uno dei grandi dibattiti. Secondo te a che età sarebbe giusto iniziare a gareggiare e quando smettere?
Così come è strutturata oggi la nostra disciplina non ci sono alternative. Si deve incominciare presto, verso i sei, massimo sette-otto anni e poi continuare finché il tuo fisico e soprattutto le tue motivazioni te lo permettono. Io volevo smettere dopo la delusione dei giochi olimpici del 2008 di Pechino ed invece sono ancora qui per cercare di preparare le olimpiadi di Rio del Janeiro, dopo aver preso parte a quelle di Londra (2012). C’è un’età per cominciare, ma non ce n’ è una precisa per smettere.
La tecnologia è d’aiuto negli allenamenti?
Certo. Potermi allenare con gli attrezzi migliori che esistano è importante. Per esempio rivedere sull’ipad un movimento che ho appena eseguito e cercare di migliorarlo è altrettanto importante. Per non parlare della tecnologia che riguarda l’aspetto fisioterapeutico. Alla mia età senza Tecar o macchine simili non potrei più continuare.
Segui una dieta particolare?
No. Devo stare semplicemente attenta a quello che mangio. So che se una sera sgarro, il giorno dopo devo recuperare. Ormai sono abbastanza matura per sapere quello di cui posso o non posso cibarmi. Da ragazzina era molto più dura e fra i sacrifici di cui si parlava prima c’è sicuramente da aggiungere quello legato all’alimentazione. Sono sempre stata golosa e non poter mangiare quello che volevo, mi ha sempre pesato.
La ginnastica artistica in Italia… Una buona scuola?
Beh lo dicono i risultati. Una volta non ci qualificavamo quasi mai per le olimpiadi, adesso siamo una delle cinque-sei squadre migliori del mondo. Io ho la fortuna di allenarmi con il mio coach, Enrico Casella, nell’Accademia Internazionale di Brescia, fiore all’occhiello delle strutture italiane ed europee e scuola di grandissimo livello.
Un momento della tua carriera che ricordi con particolare affetto? Hai mai avuto ripensamenti?
Quando vinsi il titolo di campionessa del mondo in Danimarca nel 2006 mi ricordo che non capivo niente. Tutti che si complimentavano, mi baciavano, mi prendevano in braccio. Quello è stato certamente un momento che non dimenticherò mai. Ma forse quello che ricordo con maggior affetto è il titolo europeo che ho vinto l’anno scorso a Sofia nella specialità del corpo libero. Otto anni dopo la vittoria del titolo mondiale, dopo tutte le vicissitudini che avevo passato, ero di nuovo lì sul gradino più alto con una medaglia d’oro al collo. Bellissimo.
Come ti senti davanti ad un pubblico numeroso e ad una giuria?
Gareggiare nelle grandi competizioni internazionali è eccitante per un’atleta. La giuria non mi fa più nessun effetto. Quando alzo la mano per iniziare il mio esercizio sono io contro me stessa. La giuria è un aspetto estraneo che sarà benevole se faccio bene e mi bastonerà se sbaglio. Ma il bene o il male lo decido io.
Hai un rituale pre-gara?
Una volta ne avevo. Quando ero ragazzina per esempio, prima di iniziare un esercizio, guardavo sempre nella direzione dove era seduto in tribuna il mio papà. Adesso no. Non più.
Cosa consiglieresti alle tante giovani che si avvicinano a questo sport?
Che praticare la ginnastica artistica è per tutti. Praticarla ad alto livello è per pochi. Dico anche che tutti gli sport richiedono molti sacrifici. La ginnastica artistica forse un po’ di più. Di rincorrere i propri sogni, i propri obiettivi e non quelli di mamma o papà. Quello che ti dà la ginnastica artistica io penso, ma sono di parte, che nessun altro sport lo possa regalare.
Progetti futuri?
Mi credete se vi dico che non lo so? Punto ad arrivare a disputare le Olimpiadi di Rio del prossimo anno, poi presumo mi fermerò e cercherò di fare qualcos’altro. Non credo di rimanere in questo ambiente, vorrei fare qualcosa di diverso, ma adesso penso solo ad allenarmi.