Una storia nella storia

Una storia nella storia

L’informatica entra nella loro vita per caso, quasi come una fantasticheria, si trasforma nel primo impiego e poi nell’azienda che attualmente dirigono. Oggi tra i soci del Gruppo Eurosystem Sistemarca, Stefano Bacci e Stefano Biral hanno risposto alle nostre domande raccontando una storia di vita nella ‘storia della tecnologia’.

“2001: Odissea nello spazio” e le affascinanti luci provenienti da HAL 9000: quando gli chiedi di descrivere come è nata la passione per l’informatica il suo primo ricordo corre là, al 1972 e ad un fi lm guardato in un cinema. Poi qualcuno a scuola deve avergli spiegato come funzionava davvero un centro di calcolo. E che un tecnico avrebbe dovuto saper leggere quei giochi intermittenti di luci come fossero pagine di un libro. A quel punto ha creduto di aver sbagliato tutto. Comincia così, con una battuta, il racconto di Stefano Bacci, classe ’58, pluri-papà, tra i soci del Gruppo Eurosystem Sistemarca. Ride, ascoltandolo, Stefano Biral, anche lui socio del Gruppo. Ma, dopo averlo avvertito che toccherà anche a lui parlare degli inizi della carriera, si ricompone.

“Negli anni ’70 le macchine utensili venivano pilotate da calcolatori di processi che usavano nastri e schede perforate come supporti. Oggi, questi strumenti non esistono quasi più – prosegue Stefano Bacci – Ricordo ancora una tesina di gruppo realizzata alle superiori: dovevamo sviluppare un linguaggio di programmazione per pilotare il modellino di una piccola stazione ferroviaria e, con un teletype in grado di interfacciarsi con i comandi di accensione e velocità, azionare il trenino. L’obiettivo era anche quello di non farlo scontrare o andar fuori dai binari. Beh… abbiamo cambiato tanti di quei trenini!”.

Sono anni importanti quelli, di rinascita e opportunità per il territorio che inizia a popolarsi di piccolissime realtà imprenditoriali. Così Stefano, terminati gli studi e spedita qualche lettera di presentazione, non attende molto prima di ricevere una telefonata per il suo primo colloquio in Eurosystem, all’epoca nel 1979, una piccola software house a Villorba, in provincia di Treviso. “Avevo letto l’annuncio sul Gazzettino, ho provato a spedire un curriculum e mi hanno subito richiamato. Quando sono arrivato lì ho pensato di aver sbagliato indirizzo! C’era un’unica grande stanza e scrivanie per 4/5 persone al massimo”. Ma l’indirizzo era corretto, al colloquio Stefano fa un’ottima impressione e, dopo qualche giorno, inizia il suo primo lavoro senza immaginare quanto lontano lo avrebbe portato. “Ho partecipato da subito allo sviluppo di un programma per la gestione del ciclo di produzione e ho lavorato sulla mia prima distinta base. A quei tempi si trattava di un’esperienza innovativa, eravamo tra i primi a realizzare programmi per il calcolo dei fabbisogni aziendali e l’automatizzazione dei processi produttivi. La mia giornata lavorativa iniziava alle 9 di mattina e finiva anche molto tardi, a volte oltre mezzanotte. Ma c’erano anche molti ‘tempi morti’ dovuti alla compilazione dei programmi che avveniva su nastro: questo significava che per testare ogni singola modifica al programma si impiegava almeno un quarto d’ora! La dilatazione dei tempi, d’altra parte, ci costringeva ad essere molto più attenti e a fare uno studio più accurato”.

Stefano inizia a 20 anni, senza neanche l’auto, e ogni giorno a piedi e in treno percorre le stesse strade per tornare a Venezia, dove abita. Poi, nel febbraio dell’80 viene assunto e il suo primo stipendio è di 398 mila lire. “In quegli anni i monitor erano a caratteri e non esisteva la componente grafica – ci racconta – E inizialmente realizzavi le videate di programma su fogli a quadretti. Ricordo che anche nel monitor si leggevano al massimo 80 caratteri per 24 righe di colore verde o azzurro e le videate di inserimento/ visualizzazione dei dati venivano realizzate entro questi termini. Se poi si lavorava con i monitor a fosfori verdi, quando provavi ad alzare lo sguardo vedevi il mondo in rosa!”. Dopo qualche mese dall’ingresso di Stefano, Eurosystem viene contattata da un’azienda di Trieste che vendeva una nuova tipologia di elaboratori che avrebbero facilitato il lavoro: questi, infatti, operavano con un linguaggio di programmazione non più compilato ma interpretato. “Quella collaborazione ha dato una svolta al nostro lavoro. Il numero dei clienti è aumentato, vendevamo le nostre soluzioni a molti comuni, a camere di commercio, oltre che ad aziende commerciali e manifatturiere – aggiunge – l’azienda era cresciuta a tal punto che sentivamo l’esigenza di assumere un’altra persona. E Stefano Biral era lì pronto ad attenderci”.

53 anni, di cui 30 nel campo dell’informatica, Stefano Biral si racconta così: “Da ragazzo ero affascinato da questo mondo. Erano i primi anni, le tecnologie stavano aprendo nuove frontiere e scenari fantascientifi ci e io sognavo di far parte di questo settore. E poi mi piacevano i flow chart – ride – Ho provato a seguire un corso sul linguaggio di programmazione Cobol, mi è costato moltissimo ma in quell’occasione ho creato i miei primi diagrammi di flusso. E ho capito che le schede perforate, che avevo prima di allora intravisto da qualche parte, servivano a memorizzare solamente 80 caratteri e che c’era una marchingegno fisico che le riordinava. Il mio entusiasmo era alle stelle e ho deciso di provarci”. A pochi giorni dalla fine del servizio militare e con un diploma di perito elettrotecnico, anche lui inizia ad inviare diverse lettere ed è presto chiamato e poi assunto in Eurosystem. Era il 1982. “Di informatica sapevo ben poco all’epoca eppure è diventata la linea conduttrice di tutta la mia vita, personale e professionale. Stefano Bacci mi ha insegnato la maggior parte delle cose – confessa – l’altra me l’ha insegnata l’esperienza con i clienti, lo scontrarsi di volta in volta con procedure e processi di gestione da revisionare, ripensare, automatizzare. Non è stato facile ma ricordo ancora che con il primo stipendio ho acquistato un’auto, una ritmo bianca con cui andavo a lavoro ogni giorno”.

A questo punto chiediamo ad entrambi come era lavorare all’epoca: “Beh – comincia Stefano Bacci – ricordo una frase emblematica che mi aveva detto un cliente che seguivamo in quegli anni, cioè che ‘i consulenti di informatica erano le uniche persone che lui pagava per dovergli insegnare le cose’. I nostri interlocutori avevano delle conoscenze molto inferiori rispetto ad oggi e noi, al contrario, eravamo davvero dei portatori di innovazione e progresso”. “Infatti – continua Stefano Biral – le software house erano poche e agli albori, ed erano i clienti per primi a chiedere con determinazione il nostro aiuto. Tante aziende erano alla prima meccanizzazione, questo significava che prima del nostro arrivo libri contabili e nastrini erano gli strumenti più utilizzati per tenere il calcolo della contabilità. Nel tempo, poi, da tecnici e pionieri siamo diventati dei consulenti, con un compito ancor più difficile: oggi offriamo indirizzi e visioni su come riorganizzare l’azienda, lo facciamo con l’obiettivo di insegnare ai nostri clienti ad utilizzare le tecnologie come strumento, più che fine, per un rinnovamento di natura organizzativa e strategica… una bella differenza! Un aspetto molto bello ed emozionante di questa evoluzione è che alcuni clienti acquisiti in quegli anni sono rimasti con noi fino ad oggi, riponendo fiducia in noi per oltre 30 anni”.

L’84 e l’85 segnano una svolta. Prima Stefano Bacci e poi Stefano Biral vengono inglobati nella società divenendone soci. È un periodo ricco di entusiasmo ma anche di responsabilità e duro lavoro. L’azienda cresce ancora, vengono assunte nuove persone e inizia adesso anche la convergenza con Sistemarca, ex-software house consociata di Eurosystem, che si trasformava in quegli anni in società rivenditrice di hardware andando ad integrare l’offerta della stessa Eurosystem. “Diventare soci a 26 anni è stato strano: avevo avuto la possibilità di andare via e la Direzione ha deciso di trattenermi offrendomi questa opportunità”, racconta Stefano Bacci. “Dal punto di vista lavorativo – aggiunge Stefano Biral – sono aumentate le responsabilità poichè nel frattempo eravamo diventati 7/8 collaboratori. Sono stati anni in cui ho imparato moltissimo, soprattutto dai clienti. Ricordo che una volta stavo effettuando un’istallazione presso un cliente di Trieste e il programma di fatturazione ad un certo punto è andato in errore 43 (lo spazio previsto per un numero era stato definito troppo piccolo rispetto al numero stesso). Guardo la fattura in analisi che riportava un importo di oltre un miliardo di lire e provo a tranquillizzare il cliente dicendogli ‘non si preoccupi, gli importi sono troppo grandi, sicuramenti sbagliati e per questo è andata in errore’. Ma il cliente risponde: ‘Guardi che questi sono i nostri importi consueti’. Evidentemente l’errore on era quello ma io non l’avrei mai detto: era una delle prime aziende con cui trattavo che poteva permettersi di fatturare cosi tanto ed io, certo, ne ero sorpreso”.