Tecnologie dell’informazione per lo sviluppo del territorio
L’associazione nasce a Treviso, ma oggi ha sedi in tutti Italia. Combatte contro l’isolamento tecnologico di territori e fasce della popolazione, unendo competenze ed esperienze di volontari provenienti dal mondo delle nuove tecnologie e non solo.
“Le più belle storie nascono così, per caso, in un territorio che si è sempre distinto per la capacità di fare e intraprendere delle sue persone e dall’incontro tra due mani, quella di un medico e l’altra di un tecnico informatico”, spiega il presidente Girolamo Botter. È questo il racconto di ISF (Informatici Senza Frontiere), ONLUS trevigiana speciale, a cui si deve il merito di aver avviato un’impresa inedita con la forza di una visione aperta e lungimirante su quanto le più moderne tecnologie possono fare per lo sviluppo sociale e culturale delle aree meno sviluppate.
Da una conversazione del 2005 tra Girolamo Botter – all’epoca manager informatico – e il dottor Mario Marsiaj – coordinatore e sostenitore dell’ospedale St. Luke di Angal in Uganda – arriva l’idea, semplice, di portare tecnologie di ultima generazione negli ospedali delle zone meno sviluppate al fine di migliorare l’operatività quotidiana con appositi strumenti di gestione. Il progetto di Girolamo viene subito abbracciato da altri 5 manager veneti, tutti operanti nel settore informatico e membri del Club Bit (comunità professionale di responsabili dei sistemi informativi nata nel 1994 sotto l’egida di Unindustria Treviso) che decidono di unire le loro competenze realizzando un software open source per la gestione ospedaliera. Da lì il coinvolgimento delle scuole, in particolare l’Istituto Tecnico Volterra di San Donà di Piave (TV), che collabora alla progettazione e allo sviluppo della soluzione offrendo a una delle sue classi la possibilità di mettersi in gioco e lavorare su Java, linguaggio di programmazione con cui il software viene realizzato. Open Hospital – dal nome del programma – viene installato e implementato presso il St. Luke Hospital per la prima volta nel 2006.
Tecnologia e formazione nella ricetta dell’associazione che decide di affiancare, alla fase di implementazione hardware e software, anche corsi di informatica per rendere il personale dell’ospedale autonomo nell’utilizzo di pc e programmi. Una sfida, quella di portare progresso tecnologico laddove persiste uno stato di arretratezza, che si trasforma in un successo, con un miglioramento sensibile della capacità e facilità di gestione delle attività da parte del personale ospedaliero. Attualmente, Open Hospital è alla sua settima versione ed è stato installato in più di dieci realtà, tra cui Kenya, Afghanistan, Albania, Benin e Congo. Recentemente ISF ha anche annunciato un’importante partnership con CUAMM Medici per l’Africa che consentirà la diffusione del programma in tutti gli ospedali africani della rete CUAMM.
Nel frattempo ISF è cresciuta fino a diventare una realtà associativa importante con oltre 300 iscritti, volontari di estrazione informatica ma anche esperti di marketing e comunicazione, e sedi in tutta Italia (Lombardia, Piemonte, Toscana, Puglia, Calabria, Lazio): con l’unico scopo di contribuire a fare dell’innovazione tecnologica stimolo e strumento per lo sviluppo civile e sociale di realtà e territori meno fortunati, diminuendo così una parte del divario digitale esistente tra sud e nord del mondo. “I fondatori e i soci volontari credono profondamente che l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione debbano diventare un ‘must’, ovvero un bene di prima necessità in queste zone, per creare nuove opportunità, migliorare la vita quotidiana e concorrere al progresso”, spiegano i rappresentanti di ISF.