Scambio di partecipazioni mediante conferimento
A decorrere dal 2004 le norme tributarie italiane, recependo una direttiva comunitaria, hanno disciplinato gli scambi di partecipazioni anche in ambito nazionale. L’art. 177 D.P.R. 917/1986 detta disposizioni sulla cd. operazione di scambio di partecipazioni, prevedendo due tecniche attuative: lo scambio mediante la permuta di partecipazioni e lo scambio mediante il conferimento di partecipazioni.
Soffermiamoci esclusivamente sullo scambio di partecipazioni mediante conferimento, affermando che questo consiste in generale nell’operazione per la quale i soci di una società A conferiscono le proprie partecipazioni in altra società B la quale, per effetto di tale conferimento, aumenta il proprio capitale, ed i soci conferenti sostituiscono le partecipazioni in A con quelle in B.
Quali vantaggi può offrire tale operazione?
In primis, si deve rilevare che l’operazione riguarda esclusivamente azioni o quote e pertanto, non comportando alcun flusso finanziario, presenta una maggiore duttilità rispetto ad altre forme di trasferimento di complessi aziendali. Da quando è entrata in vigore la norma lo scambio di partecipazioni mediante conferimento è stato utilizzato come efficace strumento di riorganizzazione societaria infragruppo al fine di migliorare gli assetti di governance.
In quali altri casi si può utilizzare tale strumento?
Il conferimento di partecipazioni può esser utilizzato come uno strumento di “tutela” del patrimonio sociale in quanto consente di trasferire liquidità mediante distribuzione di dividendi nella società conferitaria B (la holding) che non condivide rischi e resposabilità di A (la società operativa). Una volta maturato il requisito temporale di cui all’art. 87, co. 1, lett. a) per fruire del regime della participation exemption, tali dividendi sconteranno una tassazione minima in quanto esenti da imposte per il 95% del loro ammontare.
L’art. 177, co. 2 del T.U.I.R. prevede un regime fiscale di “vantaggio” qualora vengano rispettati determinati requisiti:
• sia la società conferitaria B che la società “scambiata” A devono essere società di capitali;
• la società conferitaria B deve acquisire o incrementare il controllo della società A ai sensi dell’art. 2359, co.1 n. 1 del C.C. per effetto del conferimento delle azioni o quote;
• il soggetto conferente C, ovvero il soggetto titolare delle azioni/quote in A, il quale procede al conferimento in B può essere rappresentato sia da una società che da una persona fisica, anche se quest’ultima non agisce in regime d’impresa;
• se le partecipazioni conferite sono prive dei requisiti pex ex art. 87 del T.U.I.R., il soggetto conferente C deve ricevere in cambio azioni o quote altrettanto prive di tali requisiti, fermo restando il periodo minimo di possesso di cui alla lett. a) del citato art. 87;
• l’operazione deve necessariamente essere supportata da valide ragioni economiche.
In presenza di tali requisiti è possibile, in base alla norma in commento, effettuare il conferimento di partecipazioni in regime “controllato”, ossia predeterminarne il valore di realizzo che sarà commisurato all’incremento patrimoniale della società conferitaria per effetto del conferimento stesso e pari, a sua volta, al valore di iscrizione della partecipazione relativa alla società scambiata, come desumibili dalle scritture contabili.
È evidente pertanto che, nell’ipotesi in cui l’incremento di patrimonio netto della società conferitaria B, così come il valore d‘iscrizione in bilancio della partecipazione in A risultino pari o comunque non superiori a quello fiscalmente riconosciuto in capo al soggetto conferente C delle partecipazioni conferite, non emergerà alcuna plusvalenza.
Cosa accade, invece, in assenza dei requisiti sopra esposti?
Il conferimento di partecipazioni, indipendentemente dal valore d’incremento del patrimonio di B e dal corrispondente valore d’iscrizione della partecipazione in A, sarà disciplinato dall’art. 9, D.P.R. 917/1986 in base al quale, invece, i conferimenti in società devono essere valutati al valore normale.