Responsabilità Sociale d’Impresa: Un’opportunità per le aziende

Responsabilità Sociale d’Impresa: Un’opportunità per le aziende

di ELENA GIOCO e RUGGERO PAOLO ORTICA, Studio Associato Piana

Un’azione è eticamente corretta quando risulta in sintonia con l’orizzonte della moralità di una comunità. Anche le imprese, in quanto soggetti “agenti”, rispondono del loro operato sul piano della convergenza tra condotta adottata ed etica sociale condivisa dalla comunità interessata. A valutazione di questo operato, l’investimento di parte del profitto realizzato entro i tre principali settori con cui l’azienda da sempre interagisce: l’ambiente naturale, il mercato, la comunità.

L’impresa costituisce a tutti gli effetti un soggetto morale se ad essa si riferisce la responsabilità di azioni indipendenti ed autonome rispetto alle scelte dei singoli individui che all’interno vi operano, fatto che si realizza solo per le imprese in cui si individua una netta separazione tra la proprietà ed il controllo ma che non avviene mai per PMI, le cui strategie dipendono dalle decisioni di un singolo individuo, che è allo stesso tempo proprietario e manager. In tal caso la responsabilità della condotta aziendale va ricercata nell’etica di un unico decisore.

Da questa premessa, che fa riflettere sul concetto di impresa come “soggetto morale”, risaliamo al concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, in sigla RSI. Dapprima molti contributi scientifici avevano identificato le pratiche di RSI con le sole attività filantropiche e strategie comunicative di immagine e reputazione aziendale. In seguito la Commissione Europea, nel Libro Verde edito nel 2001, l’aveva definita come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”. Oggi si guarda ad essa come all’impatto delle imprese sulla società (Comunicazione della Commissione Europea del 25/10/2011).

In altre parole, un’impresa agisce in modo socialmente responsabile non solo se adempie agli obblighi giuridici, ma anche se si spinge volontariamente “oltre”, coerentemente a motivazioni morali condivise, operando in conformità alle aspettative espresse dai propri interlocutori, ovvero gli stakeholders (coloro che detengono un interesse nella gestione dell’impresa).

Nel contesto attuale infatti, le capacità di un’impresa nel saper rispondere positivamente agli stimoli del mercato non si misurano più esclusivamente in termini di profitto generato dalla sapiente gestione dei fattori produttivi, ma anche valutando l’azione imprenditoriale con l’utilizzo di 3 parametri (la cosiddetta TBL, “Triple Bottom Line”): di natura sociale, economica ed ambientale. L’analisi di un’impresa socialmente responsabile passa quindi dalla valutazione dell’investimento di parte del profitto realizzato entro i 3 principali settori con cui l’azienda da sempre interagisce: l’ambiente naturale, il mercato, la comunità.

L’ambiente naturale
L’applicazione dei principi ambientali si traduce nella riduzione degli sprechi (fondamentale è la razionalizzazione dei consumi delle risorse naturali non rinnovabili e nel più efficiente uso dell’energia e delle materie prime), nel monitoraggio del rischio ambientale (effettuabile con l’utilizzo di appositi sistemi ed indicatori, ad esempio sull’obsolescenza dei macchinari, sulle emissioni prodotte, ecc.), nella riduzione dell’impatto ecologico (grazie a interventi di rinnovo e manutenzione efficaci e tempestivi).

Il mercato
L’applicazione dei principi economici invece si traduce nell’economicità (il semplice “fare di più con meno”, ossia realizzare gli stessi beni e servizi utilizzando meno risorse economiche, energetiche, ambientali), nella compensazione delle esternalità negative prodotte (stimare quanto si è prelevato dalla società e dall’ambiente e restituirlo sotto forma di contributi, infrastrutture, sovvenzioni, attività di formazione, ecc.), nella distribuzione del valore aggiunto (la ricchezza prodotta dall’azienda nell’esercizio con riferimento agli interlocutori che partecipano alla sua distribuzione).

La comunità
Infine l’applicazione dei principi sociali previsti dal perseguimento di una politica aziendale responsabile si traduce nella tutela dei diritti dell’uomo e del lavoratore (garantire condizioni salubri ed ergonomiche negli ambienti di lavoro, tutelare i dipendenti e minorenni, permettere forme pacifiche di dialogo e protesta, ecc.), nell’integrazione comunitaria (in particolare le aziende multi-plant devono assicurare di non ledere irrimediabilmente il tessuto sociale delle comunità che ospitano i processi di delocalizzazione), nella legittimazione sociale (i decisori aziendali devono adoperarsi per rendere partecipi i loro stakeholders degli sforzi prodotti per rendere più sicuri gli impianti a rischio e migliorare le condizioni di vita delle comunità locali).

C’è da dire che, analizzando le singole esperienze aziendali, non è sempre facile distinguere le imprese assolutamente responsabili da quelle che proprio non lo sono, così com’è impossibile operare una distinzione soddisfacente tra tutte le forme ibride (che in assoluto sono l’insieme più ampio). Nel contempo c’è anche un forte interesse da parte di CEO e CdA a rendere pubblico il proprio impegno nel realizzare un profitto “socialmente legittimato e rispettoso dell’ambiente”. Questo duplice problema di agire secondo una logica universalmente riconosciuta come responsabile e dar prova che quanto pianificato è stato effettivamente realizzato si può risolvere con i sistemi di rendicontazione quali quelli emanati dall’ONU e dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e le ISO 14000.

Alla luce di quanto accennato in principio a proposito della mancata separazione nelle PMI della proprietà dalla gestione dell’impresa, si rammenta come il tema della corporate governance, intesa quale complesso di principi, impostazioni organizzative ed istituti giuridici posti a presidio dell’adeguata regolazione dei rapporti tra i diversi organi e le varie compagini riferibili ad un’organizzazione aziendale, ha trovato negli ultimi anni una rilevante traduzione sul piano normativo nel D. Lgs. 231/2001, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di responsabilità giuridica. Proprio tale disciplina, unitamente alla RSI, rispetta il duplice imperativo imposto dal fare mercato oggi di essere e apparire partner economici affidabili.