RAMCIP: L’OPERATORE SOCIO ASSISTENZIALE ROBOT
Il progetto europeo coinvolge anche l’Italia nel ricercare soluzioni che consentano al sistema robotico di distinguere un comportamento insolito dell’anziano da uno bisognoso. Emanuele Ruffaldi, ricercatore della Scuola Superiore Sant’Anna, ci spiega come funziona il sistema Ramcip e se presto lo vedremo nelle nostre case.
Come nasce il progetto RAMCIP?
È un progetto finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon 2020 con 4 milioni di euro. Al sistema robotico per l’assistenza personale lavorano scienziati ed ingegneri di tutta Europa. In Italia, il progetto è seguito dall’Istituto di Tecnologie della Comunicazione, dell’Informazione, della percezione (TeCiP) della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il coordinamento di Ramcip è affidato all’Istituto per le Tecnologie dell’Informazione del Centro di Ricerche e Tecnologie greco (CERTH). Al consorzio del progetto aderiscono, oltre la Scuola Superiore Sant’Anna, i gruppi della Technische Universität München (Germania), della Fondazione per la Ricerca e Tecnologia Greca, dell’Università Medica di Lublino (Polonia), della Fondazione Ace (Spagna), che mette a disposizione un centro di ricerca per l’Alzheimer e fornisce i casi di studio, oltre a due piccole-medie imprese polacche e inglesi che partecipano come partner industriali.
In cosa consiste il progetto?
Ramcip (acronimo di “Robotic Assistant for Mild Cognitive Impaired Patients at home”) è un robot che avrà il compito di assistere persone malate di Alzheimer che abbiano ancora un certo livello di autonomia e che quindi siano in grado di relazionarsi e comunicare con il sistema robotico. Il robot potrà assistere le persone nelle normali mansioni casalinghe oltre che osservare il loro stato di salute.
Qual è il ruolo della Scuola Superiore Sant’Anna in questo progetto?
Il nostro ruolo primario è l’attività di ricerca sulla capacità di comprendere le azioni del soggetto e dare una specifica caratterizzazione. Mi spiego meglio: ad esempio il robot dovrebbe essere in grado di capire che, se l’anziano cammina in modo affaticato oppure zoppica, ha dei problemi, oppure più semplicemente se il soggetto ha dei comportamenti non usuali il sistema dovrebbe essere in grado di riconoscerlo. Questa nostra specificità è frutto di un’esperienza pregressa relativa ad un progetto Europeo chiamato SKILLS e che abbiamo portato avanti dal 2006 al 2011 con il coordinamento del professore Massimo Bergamasco, sempre qui al laboratorio PERCRO della Scuola Superiore Sant’Anna. L’obiettivo di questo progetto era di catturare in ambiente virtuale quella cosa che rende ogni gesto unico e a volte anche eccezionalmente talentuoso in modo da poterlo riprodurre e insegnare ad altre persone. In generale lavoriamo molto sull’uso di tecniche di Machine Learning, ovvero l’apprendimento delle macchine dai dati. Si tratta di una metodologia che va dalla visione artificiale, ai sistemi decisionali, all’analisi di anomalie anche in ambito industriale.
Cosa succede quando il robot riconosce un comportamento differente da uno tipico?
È qui che diventa interessante: la macchina è basata su un’architettura cognitiva, alla quale collaboriamo anche noi, che decide come il robot può comunicare col soggetto nel modo migliore tenendo anche conto delle sue emozioni. La comunicazione può avvenire attraverso lo schermo, la parola o con l’interazione fisica. Questo tipo di comunicazione pone generali questioni etiche, che coinvolgono la sfera dell’autonomia e della sensibilità di ogni soggetto.
Quali sono le operazioni che RAMCIP è in grado di fare?
Il progetto è abbastanza ambizioso ponendosi come obiettivo il supporto alle attività casalinghe, di vita quotidiana, tra cui anche alcuni elementi della vestizione. Quest’ultimo è un compito per niente banale e, a tal riguardo, abbiamo in questa compagine un’azienda inglese, la Shadow Robots, che sta lavorando ad una mano robotica molto sofisticata in grado di afferrare una moltitudine di oggetti di dimensioni e consistenza differenti. La mano è dotata di sensori di pressione in grado di misurare la forza esercitata e sensori tattili per l’interazione fine. La mano verrà integrata nel robot complessivo, sviluppato da una startup polacca, dove il movimento del braccio e della mano vengono coordinati da un sistema di camere tridimensionali. La difficoltà non è tanto far fare un’azione completa quanto aiutare il soggetto a farla. Questo implica non solo un approccio tecnologico, infatti, si andrà sul campo a parlare sia con le persone malate che con gli operatori socio assistenziali per capire quali siano le esigenze degli addetti ai lavori e dei pazienti, in modo da riuscire a soddisfare il più possibile l’anziano.
Quando sarà sul mercato?
Di qui a due anni ci sarà un prototipo che sarà sperimentato per un anno. Di sicuro alla fine del 2017 solo alcuni componenti potranno essere messi in commercio mentre il sistema completo potrebbe andare sul mercato forse un paio di anni dopo. Diciamo che non è stata ancora prevista una fase di commercio dato che questa implica una serie di altre questioni al momento un po’ premature.
Avete deciso già quale sarà la fascia di prezzo?
Non abbiamo specificato una fascia di prezzo però complessivamente utilizziamo delle tecnologie a basso impatto economico. Ad esempio, per la visione dei robot, si utilizzano, invece che sofisticati laser tridimensionali da 40mila euro, dei laser di poche centinaia di euro. Comunque queste sono scelte che si fanno in corso d’opera e che vanno nella direzione di essere sostenibili economicamente. Alla fine del progetto verrà preparato un business plan con i costi dei singoli componenti e la pianificazione di come andranno sul mercato.
Nelle vostre ricerche tenete conto dell’aspetto psicologico dell’anziano?
Certo. C’è una discreta letteratura di lavori condotti sulla psicologia cognitiva degli anziani che si integrano con le nostre ricerche. Non solo, sono utili anche i questionari somministrati sia agli anziani che agli operatori sul campo. L’approccio è quello dello User Centered Design (UCD). L’UCD, citando Wikipedia, è caratterizzato da un processo di risoluzione di problemi multi-livello che non solo richiede ai progettisti di analizzare e prevedere come l’utente userà il prodotto finale, ma anche di verificare e validare i loro assunti considerando il comportamento dell’utente con verifiche di usabilità e accessibilità.
Quali sono i benefici che potrà trarre l’anziano da questo progetto?
Sicuramente diventeranno più autonomi e dipenderanno meno dalle persone e ci sarà anche un maggior monitoraggio della salute: Ramcip sarà non solo un aiuto concreto nella vita quotidiana dell’anziano ma servirà a mantenere atteggiamenti positivi e a tenere in esercizio abilità cognitive e fisiche.
Quali sono i limiti di questo robot e quali le possibili evoluzioni?
I limiti e l’ambizione di una possibile evoluzione coincidono perfettamente. Esiste un aspetto di più basso livello che è legato alla capacità del robot di comprendere l’ambiente che lo circonda. Quindi, il primo è l’aspetto della comprensione. L’altro invece è legato alla capacità di risposta del robot ad una richiesta specifica e alla capacità di valutare se l’anziano ha bisogno di un piccolo suggerimento oppure di un’azione concreta. Proprio perché questi sono limiti tecnologici, la ricerca ambisce a trovare delle soluzioni su questi fronti.
Quanto siamo vicini alla riproduzione del ragionamento umano in un robot?
Ci sono stati degli importanti avanzamenti tecnologici che hanno permesso, in alcuni casi, di superare l’uomo in specifiche operazioni come il riconoscimento delle facce basato su Deep Learning, oppure come nel caso di Watson, il supercomputer di IBM, che ha battuto i due campioni storici di Jeopardy. La particolarità di questo quiz televisivo è che i concorrenti devono indovinare la domanda giusta, in base ai suggerimenti forniti dal presentatore. Nonostante i vari tentativi in giro per il mondo non siamo ancora arrivati all’imitazione totale dell’intelligenza umana. Ci sono diverse teorie e approcci che aprono strade diverse e tutte potenzialmente percorribili. Personalmente penso che per avvicinarci al cervello umano c’è ancora molta strada da fare.