NANOTECNOLOGIE E NANOMATERIALI: QUALI PERICOLI PER I LAVORATORI ESPOSTI?
La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata che si occupa del controllo della materia di dimensioni inferiori al micrometro e della progettazione e realizzazione di dispositivi (nanomateriali) in tale scala dimensionale, i quali permettono di “riadattare” la materia rivelandone proprietà sorprendenti in termini, ad esempio, di resistenza termica, meccanica o superconduttività.
La medicina del lavoro e, più in genere, tutto l’ambito della prevenzione e della sicurezza sul lavoro negli ultimi due decenni sono radicalmente cambiati, soprattutto per quanto concerne i contenuti della sorveglianza sanitaria che il medico competente deve attuare sul posto di lavoro. I cosiddetti rischi lavorativi tradizionali, legati soprattutto ad esposizione a rumore o a polveri nocive o a fibre, sono di gran lunga passati in secondo piano perché in gran parte abbattuti, e l’attenzione attualmente si è spostata sui rischi da sovraccarico biomeccanico delle strutture muscolo scheletriche e sui rischi emergenti come ad esempio quelli legati alla ingegnerizzazione dei nanomateriali.
L’ILO, Istituto Internazionale del Lavoro, ancora nel 2010, ha espresso preoccupazione per i rischi ancora sconosciuti, in ambiente di lavoro, provenienti dalle nuove tecnologie, evidenziando che “di solito le nuove scoperte avvengono e sono applicate dall’industria prima che siano ben chiari i loro effetti sulla salute e sulla sicurezza”.
La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata che si occupa del controllo della materia di dimensioni inferiori al micrometro e della progettazione e realizzazione di dispositivi (nanomateriali) in tale scala dimensionale, i quali permettono di “riadattare” la materia rivelandone proprietà sorprendenti in termini, ad esempio, di resistenza termica, meccanica o superconduttività. Le nanotecnologie non rappresentano una singola tecnologia o un’unica disciplina scientifica, ma uno strumento che contribuisce a fornire al prodotto un valore aggiunto applicabile in molti settori e numerose discipline scientifiche.
Alla fine del 2010 l’INAIL, con l’ex ISPESL in esso confluito, ha avvertito l’esigenza di elaborare e pubblicare un corposo “Libro Bianco sull’esposizione a nanomateriali ingegnerizzati ed effetti sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, nato dal lavoro multidisciplinare di un network nazionale di ricercatori, rappresentanti di Istituzioni e mondo delle imprese.
I nanomateriali e le nanotecnologie hanno trovato negli ultimi anni un rapido sviluppo ed un impiego sempre più allargato: si calcola un tasso di crescita annuo del 25%, misurato su indicatori come prodotti sul mercato, brevetti, pubblicazioni, forza-lavoro, fondi per la ricerca, etc, con un impiego previsto nel settore a livello mondiale, nel 2020, di circa 6 milioni di lavoratori, e con una buona presenza dell’Italia; altre stime parlano addirittura di 10 milioni di lavoratori a livello mondiale, entro il 2014, coinvolti nel settore a diretto contatto con i nanomateriali. I prodotti nanotecnologici attualmente più utilizzati sono quelli a base di carbonio (nano tubi, fullereni), ossidi metallici (titanio, zinco), metalli zero-valenti (argento, alluminio, rame, molibdeno, zinco), quantum dots (semiconduttori nanocristallini colloidali), dendrimeri (composti macromolecolari polimerici), nano materiali compositi, nano materiali di argento.
Tutti questi trovano impiego in vari comparti produttivi fondamentali: dispositivi elettromedicali, farmaceutica, elettronica, informatica, energia fotovoltaica, pigmenti, creme solari, trasporti, tessile e moda, alimentare, materiali da costruzione, meccanica avanzata, nella purificazione di acque, nei sedimenti o suoli, nelle telecomunicazioni, etc.
Da ricordare, inoltre, che il rischio da nanoparticelle di metallo è anche ambientale, derivante dalle marmitte catalitiche dei veicoli di trasporto. Gli ambiti professionali interessati alla problematica relativa alle esposizioni a nanomateriali e nano particelle riguardano sia i settori di produzione sia cicli di lavorazioni o processi che sviluppano particelle di dimensioni nanometriche come sottoprodotti di reazioni termiche o fisiche. L’esposizione al rischio da nanoparticelle aerodisperse avviene attraverso diverse vie.
La via inalatoria è la più comune, tanto più pericolosa proprio in funzione delle piccolissime dimensioni del materiale inalato, con deposito predominante a livello degli alveoli polmonari oltre che nelle regioni tracheobronchiale e faringolaringea. Gli effetti nocivi possono esplicarsi quindi a livello dell’albero respiratorio ma anche nel resto dell’organismo poiché le NP possono venir assorbite nel sangue e manifestare danno a livello di altri organi in relazione soprattutto alla loro caratteristiche chimico fisiche. Un’altra via di esposizione è quella per contatto cutaneo, potenzialmente possibile anche a cute integra ad esempio per gli ossidi di titanio e zinco. Altra via di penetrazione può essere il sistema olfattivo (mucosa nasale e nervo olfattivo) o il sistema gastroenterico con la deglutizione del muco che incorpora le NP oppure attraverso il contatto orale con superfici contaminate.
Quali possono essere gli effetti sulla salute dei nanomateriali ingegnerizzati?
Studi epidemiologici su popolazioni esposte non sono ancora disponibili, per cui le attuali informazioni derivano da simulazioni di laboratorio. Possiamo quindi parlare ancora solo di effetti potenziali, ma che sono una buona base di partenza per approfondimenti clinici successivi e per mettere a punto adeguati sistemi di prevenzione quando sarà necessario.
Gli effetti evidenziati riguardano: la tossicità genetica per i nanotubi di carbonio e le particelle di ossidi metallici; la tossicità cellulare per i nanotubi di carbonio, i fullereni e alcune particelle metalliche e particolari tipi di quantum dots; a livello respiratorio (fibrosi, accumulo con risposte infiammatorie anche asbesto-simili) per i nano tubi di carbonio; a livello cutaneo (azione irritativa locale e penetrazione nel circolo sistemico), anche se numerose creme protettive solari contengono TiO2 e ZnO, senza evidenza pratica finora di effetti dannosi; per quanto riguarda il sistema nervoso centrale ovvero stress ossidativo ed alterazione dell’integrità della barriera emato-encefalica); cardiovascolare (ateromi, trombosi arteriosa e aggregazione piastrinica, oltre all’infiammazione sistemica ormai considerata uno dei fattori predisponenti all’aterosclerosi): per i nano tubi di carbonio; immunologico (possibilità di stimolazione di risposta autoimmunitaria). Vari sono i progetti di ricerca finanziati in ambito europeo, con significativa presenza di organizzazioni italiane, che riguardano gli impatti sull’ambiente, la salute e la sicurezza delle nanotecnologie.
Le criticità nascono, da una parte, dall’evidenza che non esistono ancora metodologie validate per la valutazione del rischio in ambiente lavorativo e le conoscenze sui rischi per la salute sono scarse e, dall’altra, dalla consapevolezza che nei prossimi anni le nanotecnologie avranno una diffusione esponenziale. Nessun allarme, ma secondo l’INAIL “è necessario sviluppare la ricerca nel settore con particolare attenzione alla analisi del rischio per i lavoratori esposti ed evidenziare le criticità e i bisogni delle politiche di salute e sicurezza dei lavoratori, correlati con lo sviluppo delle nanotecnologie”.
Ci dovranno essere un approccio integrato, sostenibile, responsabile e socialmente accettato e uno sforzo attento alla possibilità di combinare il progresso scientifico e la competitività industriale con le esigenze di prevenzione e protezione della salute.