MERITO SCIENTIFICO E APERTURA AL BUSINESS PER ESSERE COMPETITIVI

MERITO SCIENTIFICO E APERTURA AL BUSINESS PER ESSERE COMPETITIVI

Prima università tecnica del Mezzogiorno, il Politecnico di Bari, a 70 anni dalla sua istituzione e pur tra le mille difficoltà di operare in un territorio disagiato, si conferma motore di sviluppo e di innovazione del Sud d’Italia, e non solo. Il SIR (SCImago INSTITUTIONS RANKINGS) 2013 World Report, la più completa e autorevole classifica delle istituzioni di ricerca nel mondo, lo ha di recente incoronato l’università statale italiana con le più elevate performance nella ricerca scientifica. Ce lo racconta il professor Eugenio di Sciascio, rettore dell’istituto.

Un riconoscimento importante quello del SIR e di carattere internazionale, che premia il Politecnico per il terzo anno consecutivo…
Il SIR World Report si concentra sulle eccellenze nella ricerca misurando, oltre alla quantità di articoli pubblicati sulle riviste internazionali (che dipende dalla dimensione della singola istituzione), anche la loro qualità scientifica, attraverso l’Impatto Normalizzato (rapporto tra le citazioni ricevute dalle singole pubblicazioni e il numero medio mondiale di citazioni per ogni ambito di ricerca). Per questo motivo, ci fa estremo piacere risultare primi in Italia all’interno di questa classifica. Di recente, inoltre, uno dei nostri docenti, il professore Nicola Giglietto è stato annoverato tra i primi 50 scienziati italiani operanti nel mondo, secondo la classifica mondiale “TOP100 Italian Scientists” che evidenzia il maggior impatto scientifico di docenti e ricercatori attraverso le loro pubblicazioni.

Ottenere questi risultati richiede perseveranza e una forte vocazione alla ricerca, difatti tra le strategie adottate dal Politecnico ci sono in primis…
L’incentivazione del merito scientifico come veicolo per la professione di carriera, il riconoscimento e la valorizzazione delle eccellenze. Le nostre risorse accademiche sanno che, solo attraverso la migliore qualità nella ricerca, il percorso di carriera può essere meritato e riconosciuto. Gli studi di punta che cerchiamo di portare a termine devono poi riverberare nella formazione per i nostri giovani: non esiste buona didattica senza buona ricerca, d’altra parte è nell’ambito della didattica che nasce la passione per l’indagine scientifica.

I giovani primi di tutto per il Politecnico di Bari…
Oltre a presentare un’offerta didattica completa e concentrata sulle principali discipline tecniche, dall’ingegneria all’architettura, all’informatica, incentiva forme di contatto e collaborazione con il tessuto imprenditoriale locale realizzando moltissimi progetti e consulenze specialistiche nelle aziende del territorio. In particolare l’ufficio ILO (Industrial Liaison Office) veicola la domanda di innovazione che arriva dalle aziende verso i ricercatori. Questo si riflette positivamente sui nostri studenti sia per quanto riguarda la qualità degli elaborati di tesi sia per il placement: pur essendo in anni di crisi, nell’ingegneria industriale siamo al primo posto per occupazione a 6 mesi dalla laurea. Di recente abbiamo realizzato anche il progetto Energy Factory Bari (EFB), una joint venture con AVIO S.p.A. per l’attuazione di attività di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione in ambiti di comune interesse, nei settori dell’aerospazio e dell’energia. Si tratta di un laboratorio sperimentale realizzato all’interno del Politecnico, con la collaborazione di 50 nostri ricercatori direttamente coinvolti nelle attività previste dall’accordo. Il progetto ha l’obiettivo di coordinare attività di ricerca comuni, individuare temi di interesse per la crescita del Distretto Tecnologico dell’Aeronautica pugliese, monitorare il panorama scientifico internazionale per l’individuazione di spunti di innovazione, creare un settore di competenze e risorse umane integrate. Credo sia un modello innovativo di come si possa fare collaborazione fruttuosa tra ateneo e azienda in una situazione “win-win”, perché si fa ricerca di alto livello e allo stesso tempo si sviluppano soluzioni per l’industrializzazione.

Politecnico e imprese fanno rete: un gap finalmente superato?
È chiaro che un gap esista ancora e, in parte, è giusto che sia così. L’università deve mantenere un respiro sulla ricerca di base più ampio di quello che le richieste delle aziende imporrebbero. Il sistema produttivo ha un time to market molto più breve di quello che può permettersi un’università statale nelle sue attività di analisi scientifica. La stessa ricerca di base, se condotta ad alto livello, richiede anni di studio, spesso decenni. Eppure, soprattutto nel Sud, quello che manca nelle aziende sono le risorse, persino per fare ricerca applicata, per cui le imprese necessitano delle università. Stiamo inoltre cercando di integrare una collaborazione fruttuosa con il privato anche in fase di formazione del curriculum scolastico in modo che le aziende possano venire a insegnare direttamente in Politecnico ciò che interessa ai nostri studenti.

Il tutto cercando di mantenere un ruolo di ascensore sociale…
Già, perché il Politecnico ogni giorno combatte per mantenere livelli elevatissimi, nella ricerca come nella didattica, continuando nel contempo a mantenere la tassazione più bassa d’Italia. Mi piace tracciare un identikit della nostra istituzione, descrivendola come una piccola università tecnica unica nel Meridione perché, tra mille difficoltà date dal fatto di operare in un tessuto territoriale disagiato, mantiene il suo ruolo di motore dell’innovazione locale e globale, fornendo ai giovani uno spazio per crescere. A questo proposito curiamo laboratori per seguire laureati con particolari capacità e, in più, sosteniamo le forme di imprenditorialità dei nostri giovani con servizio di ‘mentoring’: abbiamo studenti brillanti e cerchiamo di aiutarli nello sviluppo delle loro idee fornendogli consulenze interne sugli aspetti pratici, amministrativi, finanziari e di gestione, per avviare delle start up.

Studenti italiani, ma anche oltre frontiera…
La natura del Politecnico, come quella del territorio in cui opera, è di essere punto di contatto tra culture e studi diversi, per questo lavoriamo con tutta l’area ed in particolare stiamo puntando ad attrarre studenti e ricercatori asiatici. Realizziamo delle forme di scambio piuttosto promettenti invitando i giovani a condurre da noi un percorso di post-dottorato per svolgere delle ricerche coordinate con il Politecnico.

Anche questo fa parte di un ripensamento dei modelli che l’università italiana attuale sta vivendo.
Il problema fondamentale è la riduzione del budget che ogni anno ci costringe a ripensare e modificare la nostra organizzazione pur di continuare a offrire formazione di qualità, mantenendo bassa la tassazione. Abbiamo già affrontato negli ultimi anni un processo di dimagrimento e razionalizzazione dell’offerta formativa e di orientamento alla sostenibilità e oggi teniamo solo corsi che abbiano un’alta spendibilità sul mercato del lavoro. Ma ci sono sempre più vincoli sulle assunzioni, e la difficoltà è riuscire a mantenere qui quei giovani brillanti che diventano spesso il nostro orgoglio da lontano, all’estero. In questo cercano di aiutarci le istituzioni del territorio come la Regione Puglia che sta attualmente finanziando un progetto di inserimento per una tipologia di ricercatori.

Uno sguardo verso il futuro: l’innovazione passa e passerà ancora dall’università?
Deve necessariamente continuare a passare dall’università, anche se questa non rimarrà probabilmente l’unico veicolo. Occorre considerare che la ricerca di base comporta studi che possono durare 20, anche 30 anni prima di dare i loro risultati, ma che sono questo tipo di indagini a realizzare realmente salti quantici nella conoscenza. E allora è davvero importante che l’università sia incubatore e motore del progresso e che questo sapere venga poi tramutato in offerta didattica per la crescita anche professionale degli studenti. Io mi auguro che in futuro si continui a parlare di università in termini di sistema, ossia di complesso di strutture coordinate e all’unisono, e non di realtà di serie A e di serie B come in parte si verifica oggi. Perché il Paese ha bisogno di investire in una conoscenza diffusa. Oggi l’Italia conta un numero bassissimo di persone impiegate nella ricerca ma senza di questa e senza innovazione è impossibile sperare di crescere, anche come economia.