MAURO SARTI – Nuove figure IT sempre più multidisciplinari e aperte ai cambiamenti

MAURO SARTI – Nuove figure IT sempre più multidisciplinari e aperte ai cambiamenti

Un’ampia preparazione permette di creare la strategia IT più produttiva per l’azienda

L’evoluzione del mercato richiede un IT manager ancora più versatile, che abbia le conoscenze tecniche di base per capire come impostare l’infrastruttura IT, non tanto per gestirla direttamente ma per perseguire le scelte più strategiche per il business dell’azienda. Completano il profilo una buona dose di autorevolezza, flessibilità, capacità comunicative e leadership.

Il cambiamento dei mercati spinge le imprese ad innovarsi per essere competitive. Cosa significa per un IT manager? Quali le sfide che deve affrontare?
La sfida per un IT manager è complessa. Il panorama tecnologico e di business nel quale stiamo vivendo è variegato, con cambiamenti molto rapidi, e quindi richiede competenze e conoscenze approfondite anche in settori diversi da quelli strettamente tecnologici a cui è legato tradizionalmente l’IT manager. Oggigiorno, e ancora di più domani, non è più sufficiente essere in grado di gestire e manutenere l’infrastruttura IT, ma sarà necessario saper “cavalcare” tematiche vicine al business aziendale e all’evoluzione digitale, che modificheranno radicalmente il modo di operare all’interno delle PMI. Questo si realizzerà in tempi molto più rapidi di quello che si pensa o di quelli con cui eravamo abituati a confrontarci. Le sfide alle quali è chiamata questa figura richiedono versatilità e capacità di rimettersi in gioco personalmente e professionalmente. Credo quindi che le domande che l’IT manager deve porsi sono:
Cosa potrebbe aiutare l’evoluzione e la crescita del business della mia azienda? In che termini le moderne tecnologie potrebbero accelerare o risolvere queste esigenze? Qual è la roadmap da seguire per attivare un percorso di Digital Disruption che porti reale valore e che non disperda preziose energie economiche e temporali? Da questi presupposti si può partire per introdurre tecnologie che abbiano senso e facciano la differenza quali l’intelligenza artificiale, l’IoT, la gestione dei big data, la mobilità, lo smartworking, la realtà virtuale, etc.

Qual è, oggi, l’identikit di un buon IT manager?
È un identikit con molti risvolti e presuppone, a mio modo di vedere, un approccio multidisciplinare e aperto ai nuovi scenari. Di sicuro serve una conoscenza tecnologica di base per capire come impostare l’infrastruttura IT di cui l’azienda ha bisogno, non tanto per gestirla direttamente, ma per poter perseguire le scelte più efficaci. Poi serve attivare un approccio manageriale che tenga conto di questi aspetti: gestione efficace dei progetti, Risk Assessment, ROI e ottimizzazione dei processi, in modo da seguire percorsi che si sposino con le reali esigenze. Dovrebbe avere anche una visione d’insieme di come le nuove tendenze possano garantire un’evoluzione digitale sostenibile.

L’IT manager ideale possiede non solo competenze tecniche e manageriali, ma anche personali. Su quali soft skill bisogna lavorare per accompagnare l’evoluzione di questa figura professionale?
Credo sia determinante partire da un concetto di consapevolezza personale che porti a comprendere quali sono i punti di forza della persona e quali le aree di miglioramento. Ognuno ha infatti determinate caratteristiche e peculiarità e quindi non esiste una ricetta universale. In base alla mia esperienza posso dire che le esigenze più diffuse sono autorevolezza, flessibilità, comunicazione efficace, capacità di coinvolgere il prossimo (inteso come collega, capo, direzione, ecc.).

Pensa che gli IT manager si siano correttamente informati (e formati) in materia di GDPR? O c’è ancora molto da fare?
Riguardo al GDPR ho riscontrato perlopiù due tipologie di approccio: la prima vede una buona preparazione e un lavoro approfondito con un esito positivo del lavoro eseguito; la seconda, diametralmente opposta, di scarso interesse e sottovalutazione del tema, porta alla delega parziale o totale della materia. Ritengo che la formazione, anche in questo ambito, sia la strada da percorrere, una formazione che non si fermi all’IT manager e ai suoi collaboratori, ma veda il coinvolgimento di tutto il personale per sensibilizzare così l’intera azienda sull’importanza di sicurezza e corretta gestione dei dati.

In termini di investimenti consapevoli per la sicurezza dell’IT, qual è la sua percezione? Come si comportano gli IT manager e i suoi collaboratori?
Sul tema della cybersecurity c’è una diffusa attenzione tra gli IT manager e CIO, in quanto il tema li tocca direttamente in termini di responsabilità professionali. Quello che secondo me manca è la capacità di trasmettere con forza alla direzione/proprietà l’importanza della prevenzione e dell’adozione di strumenti che aumentino la sicurezza e la resilienza dei sistemi. Solo il coinvolgimento della componente manageriale può portare all’adozione di una politica seria e realmente utile. Si parte sempre da consapevolezza dei pericoli esistenti, quantità di rischio che posso permettermi e conoscenza di cosa mettere in pista per limitare queste evenienze. Coinvolto il management, posso, a cascata, portare la necessaria consapevolezza sull’argomento a tutto il personale in modo che si attui un approccio virtuoso alla sicurezza. Come ampiamente dimostrato l’anello debole di tutti i sistemi di protezione è, e rimane, l’essere umano.