L’Italia delle mancate opportunità
“Il problema in Italia è il ricambio generazionale, nella classe politica come in quella dirigenziale. Nel pubblico, come nel privato. Ai giovani che vanno all’estero spesso non viene data possibilità di rientrare”. Luigi Zingales, economista e accademico, ci regala un quadro della situazione italiana e ci racconta perché ha scelto di insegnare all’University of Chicago Booth School of Business.
La situazione economica Italiana: esistono barlumi di ripresa?
Si, c’è un barlume di ripresa ma industriale non finanziaria, nel senso che la fase più difficile è forse alle spalle. Eppure le speranze che circolano sono un po’ troppo ottimiste. Ci sarà probabilmente un rallentamento generale della crisi, ma non un miglioramento chiaro. Esiste un problema di recessione globalizzata, in cui il nostro Paese si inserisce con alcune difficoltà più specificatamente italiane che purtroppo si sommano.
Il sistema imprenditoriale attuale in Italia: in crisi irreversibile? È possibile una politica “pro-business”?
Non è giusto dire che tutto il modello imprenditoriale italiano è in crisi. Esistono delle aree di eccellenza nel Paese, come quella della moda, che funzionano ancora molto bene. In realtà, il problema italiano è dato da una classe dirigente troppo mischiata con quella politica e che spesso non ha competenze sufficienti. Così, oggi, le grandi imprese spesso non funzionano perché troppo dipendenti dalla politica. Diversamente, le difficoltà maggiori della piccola e media impresa sono dovute all’inadeguato utilizzo delle nuove tecnologie, in particolar modo internet e il digitale, indispensabili per crescere e aumentare la produttività. Le Pmi hanno, cioè, un problema di scala da risolvere.
Si parla spesso di ricambio generazionale, ma nell’Italia attuale è possibile? C’è spazio per i giovani?
No, c’è pochissimo spazio per i giovani. Purtroppo a chi mi chiede consiglio tristemente devo dire che le prospettive migliori, al momento, sono all’estero. Il rischio che questo Paese si impoverisca di persone, di cervelli e di risorse è molto grande! Purtroppo dal punto di vista sociale, io vorrei dire a tutti “state quae combattete”. Però io sono stato il primo ad emigrare all’estero.
Dal punto di vista razionale la scelta migliore per una persona di talento è quella di andare via. Spero in un futuro cambiamento per cui le persone emigrano, fanno esperienze importanti, per poi poter tornare indietro. Infatti, il problema non è tanto andare all’estero, che è un passaggio essenziale per acquisire del capitale umano in un mondo globalizzato, quanto piuttosto in che misura le persone riescono, poi, a ritornare e a integrarsi professionalmente in maniera effettiva. E dovremmo tutti noi combattere per questa possibilità.
Lei accademico di successo, quando e perché ha deciso di lasciare l’Italia?
Io ho lasciato l’Italia circa due decenni fa perché volevo studiare all’estero. E quando partii dissi a mia madre che sarei tornato uno o due anni dopo… e invece ne sono passati 25. Il motivo è dovuto in parte al fatto che lì mi sono trovato bene, in parte al fatto che le opportunità che mi si sono presentate in Italia sono sempre state inferiori a quelle avute negli Stati Uniti: ogni volta che qui mi offrivano qualche cosa, negli USA mi offrivano 3 volte di più, e non mi riferisco solo al salario ma anche alle opportunità di fare ricerca e di lavorare in un certo tipo di ambiente. Quindi nel tempo è stato sempre più difficile pensare di rientrare. Infatti, o siamo in grado di riportare in Italia i ragazzi giovani che, dopo qualche anno di esperienza curriculare all’estero, decidono di tornare oppure perdiamo la partita.
L’Italia secondo Lei ha punti di eccellenza a livello di studi e ricerca?
Sicuramente ci sono, e io li trovo eroici perché riescono nonostante abbiano tutto contro di loro. Però in alcuni casi sono centri legati alle capacità straordinarie di una o due persone, che nascono o muoiono con queste persone. Non c’è un’istituzione o una tradizione che permettano a queste eccellenze di costituire uno status consolidato piuttosto che eccezioni.
In questo numero di Logyn si parla di università, fondazioni di ricerca e opportunità per i giovani: ci parli della University of Chicago Booth School of Business. Che opportunità offre ai giovani?
L’aspetto maggiormente caratterizzante dell’università in cui insegno è il livello di discussione scientifica che avviene con regolarità. Noi abbiamo seminari settimanali dove docenti, grandi menti e studenti si confrontano, e anche l’ultimo degli studenti può porre la sua domanda ad esperti che hanno ricevuto il Premio Nobel. Perché il principio fondamentale è che la persona conta per le sue idee, non per i suoi titoli. Questo è un aspetto meraviglioso della mia università. E questa tradizione le permette di essere un’eccellenza, perché costringe ogni giorno tutti a confrontarsi con il collega su idee diverse. Distinguendo tra il programma di Under graduate e quello di Master, per tutti e due i percorsi esistono numerose borse di studio. Inoltre, per gli studenti americani esistono molte più opzioni di finanziamento – come prestiti – perché chi esce dal nostro master riceve spesso offerte di lavoro molto interessanti anche dal punto di vista economico e quindi può ripagare il prestito chiesto nei primi anni di lavoro.