Le politiche ambientali che fanno bene all’economia

Le politiche ambientali che fanno bene all’economia

“L’economia ambientale studia le relazioni tra il sistema socio-economico e l’ambiente circostante. Per esempio, quando decidiamo di usare un mezzo di trasporto come l’auto, dovremmo tenere conto di tutti gli impatti ambientali connessi alla costruzione, uso e dismissione della stessa”, a spiegarci il processo è Giuseppe Munda, professore di Economia Ambientale all’Università Autonoma di Barcellona.

Cosa si intende per economia ambientale?
Tradizionalmente, la scienza economica ha studiato il processo di formazione dei prezzi considerando l’economia come un sistema chiuso: le imprese vendono beni e servizi e quindi remunerano i fattori della produzione. Quello economico era considerato un processo lineare, dove dato un determinato flusso di risorse naturali, attraverso la produzione di beni e servizi si alimenta il consumo, cosi ‘creando utilità’. Negli anni settanta, si incominciò a riconoscere che l’economia non si può considerare un semplice processo tra produttori e consumatori, praticamente di durata infinita, ma bisogna valutare alcune leggi fisiche per comprendere come l’economia umana sia profondamente connessa al funzionamento degli ecosistemi. In sintesi, in diverse fasi del processo di produzione e consumo vengono prodotti rifiuti. Mentre i sistemi naturali tendono a reciclare i propri rifiuti, l’economia umana non ha tale tendenza, così gli ecosistemi spesso diventano il deposito ultimo di molti rifiuti. La termodinamica ci assicura che la quantità di risorse naturali utilizzata sarà uguale all’ammontare finale di rifiuti prodotti.

Questo cosa significa “calato nella realtà quotidianà”?
L’economia ambientale studia le relazioni tra sistema socioeconomico e l’ambiente circostante. Per esempio, quando decidiamo di usare un mezzo di trasporto come l’auto, dovremmo tenere in conto tutti gli impatti ambientali connessi alla costruzione, uso e dismissione della stessa. In termini generali, tale visione del sistema economico implica una domanda immediata: é possibile la crescita indefinita in un pianeta finito? Per esempio, coerentemente con gli attuali valori sociali dei paesi occidentali, un’automobile per ogni due/tre persone potrebbe essere considerato un obiettivo ragionevole nei Paesi in via di sviluppo. Ciò implicherebbe un numero di automobili dieci volte più grande di quello esistente, con enormi conseguenze sull’aumento della temperatura terrestre, esaurimento del petrolio, perdita di terra per l’agricoltura, rumore e produzione di CO2 e NOx.

Quali sono le prospettive a medio e lungo termine?
Tradizionalmente, il prodotto nazionale lordo (PIL) è stato considerato il migliore indicatore per valutare il benessere di una nazione. È bene notare che le metodologie di contabilità nazionale attualmente utilizzate presentano le seguenti caratteristiche: la distruzione o degradazione dell’ambiente non viene considerata; le risorse naturali, in quanto tali, presentano
un valore uguale a zero; le spese per rimediare a danni ambientali, poichè transitano per il mercato, sono considerate un contributo positivo al PIL! Per esempio, non c’é dubbio che il valore aggiunto del settore agricolo è molto aumentato negli ultimi decenni, ma si può facilmente vedere che l’agricoltura tradizionale è sempre stata fonte di energia, mentre adesso ciò non è più vero. L’agricoltura moderna, in effetti, non fa altro che trasformare energia fossile in cibo. L’alta intensità di utilizzazione dell’energia nell’agricoltura moderna deriva non solo dall’energia che necessitano le macchine agricole, ma anche dall’energia necessaria per produrre fertilizzanti, erbicidi e insetticidi. Quindi, in verità l’agricoltura moderna aumenta la produttività per addetto ma la diminuisce in termini di rapporto input/output di energia e conseguentemente si basa su energia prodotta con risorse naturali non rinnovabili.
Dal punto di vista dell’economia ambientale, l’incremento di produttività dell’agricoltura moderna dipende quindi in maniera cruciale dalla sottovalutazione degli input energetici dei combustibili fossili, dal valore nullo o comunque molto scarso dato all’inquinamento causato dai pesticidi e fertilizzanti e infine dalla perdita di biodiversità. Per valutare correttamente
l’impatto degli umani sul pianeta dobbiamo quindi prendere in considerazione tre variabili principali: la popolazione, il livello di vita e lo sviluppo tecnologico disponibile. Con riferimento
agli stili di vita precedentemente descritti, le aspettative assolutamente comprensibili dei Paesi in via di sviluppo sono prevalentemente di imitazione di quelli piú ricchi. Inutile dire
che la naturale conseguenza di ció é l’aumento dei processi di estrazione delle risorse naturali ed energetiche e quindi delle emissioni contaminanti. Se prendiamo in considerazione l’effetto
combinato dell’aumento della popolazione con la modifica degli stili di vita (pensiamo per un attimo ai cinesi che sostituiscono la bicicletta con l’automobile…) non é inverosimile prevedere
che la qualitá della vita sul nostro pianeta potrebbe seriamente deteriorarsi.