LAVORARE CON IT E ICT
La ricerca richiede investimenti molto rilevanti, soprattutto in termini di risorse umane, e porta benefici solo nel lungo termine. Eppure è indispensabile per un’azienda che si propone di realizzare un software ERP di qualità. Con un investimento del 7% del fatturato aziendale annuo e diversi fronti di lavoro aperti, Gruppo Eurosystem Sistemarca presenta la divisione Ricerca e Ingegnerizzazione. Dove nasce l’intuizione, quella giusta, destinata a trasformarsi in vera innovazione.
Perché è importante in un’azienda di produzione software avere un reparto di Ricerca e Ingegnerizzazione?
A.Tronchin: «Di solito le aziende di produzione software che realizzano soluzioni su commessa investono un po’ nell’ingegnerizzazione del prodotto, ma molto raramente fanno vera ricerca. Si avvalgono di volta in volta di tecnologie adatte a soddisfare un requisito specifico e per una breve durata. In Eurosystem sviluppiamo un software gestionale che deve essere in grado di accompagnare e supportare le imprese per decenni, evolversi nel tempo ed essere utilizzato in realtà con mercati e modelli produttivi anche molto diversi tra loro. Per arrivare a tale livello di solidità occorrono risorse umane preparate, abituate a “concepire” soluzioni e a suggerire prospettive ambiziose. E lunghi periodi di studio durante i quali non si raggiungono risultati tangibili o in grado di generare un profitto diretto. Per le aziende che fanno ricerca in modo sistematico si tratta di investire continuamente scommettendo su idee e persone. E non tutte ci riescono».
Di che cosa si occupa esattamente il reparto?
A. Voltarel: «Cerchiamo di risolvere problematiche conosciute o inedite legate al software gestionale Freeway® Skyline immaginando soluzioni e mettendo a punto componenti di supporto alla divisione Sviluppo per la realizzazione del prodotto finale. Chi si dedica alla ricerca ha come obiettivo costruire prototipi; mentre chi si occupa di ingegnerizzazione deve predisporre le strutture di base affinchè quei prototipi possano trasformarsi, in fase di sviluppo, in prodotti commercializzabili e riutilizzabili in vari casi d’uso dagli sviluppatori. In fase di ricerca, inoltre, alla valutazione di sistemi, tecnologie o pattern da ripercorrere per arrivare ad un nuovo prototipo, affianchiamo lo studio delle metodologie da adottare per l’analisi e la progettazione del software».
Da dove si inizia a fare ricerca?
A. Voltarel: «Tutto ha inizio da richieste dei clienti. Indicazioni che a prima vista possono sembrare banali ma che in realtà nascondono questioni ben più complesse.»
D. Tosato: «Altre volte si tratta di avere un’intuizione su una situazione o su un problema, pratico o teorico, e di scommetterci su provando a ipotizzare nuovi scenari applicativi per il futuro. Uno dei prinicipi più importanti alla base della ricerca e che la nutre è, infatti, il trasferimento della conoscenza: di fatto si prende un modello che funziona in un settore scientifico e si prova ad adottarlo in un altro ambito per vedere se può essere altrettanto utile. Portando avanti un’attività di ricerca applicata, possiamo affermare di non inventare nulla ma di sfruttare le idee e le tecnologie più all’avanguardia. È la parte più creativa e divertente del nostro lavoro ma richiede un buon bagaglio di conoscenze e una forma mentis preparata ad affrontare le problematiche con il giusto grado di apertura».
Che differenza c’è tra la ricerca universitaria e quella aziendale?
D. Tosato: «La differenza principale sta nell’obiettivo finale. La ricerca in azienda rappresenta solo la prima fase di un affascinante e articolato processo che genera un prodotto testato e commercializzabile; quella universitaria arriva nella maggior parte dei casi alla presentazione di prototipi funzionali. Di conseguenza, chi lavora nel primo ambito ha a disposizione tempi di prototipazione molto più brevi e deve rispettare vincoli maggiori di chi lavora nel secondo. Eppure c’è un aspetto profondamente gratificante per chi opera come ricercatore in un’azienda di tecnologie, ed è la possibilità di assistere a tutto il processo di produzione e di vedere la propria idea trasformarsi in una soluzione funzionante che migliora la vita e il lavoro delle persone».
Come si passa da questa intuizione al prodotto e sottoprodotto ingegnerizzato?
A. Voltarel: «Pensando, ad esempio, a come abbiamo realizzato SENSE (nome in codice del nuovo modulo integrato in Freeway® Skyline per la ricerca intelligente), siamo partiti dall’idea di investire sul fronte User eXperience (UX) con lo scopo di migliorare l’interfaccia utente e l’interazione utente-sistema per arrivare a scoprire che le conoscenze e le tecnologie (machine learning, in particolare) si adattavano perfettamente anche al campo dei motori di ricerca».
D. Tosato: «Il punto di partenza è una lunga fase di studio. Quando si iniziano grandi e ambiziosi progetti è necessario predisporre un tempo per ricercare le fonti, approfondirle, confrontarsi sulle varie direzioni per mettere in comune le conoscenze emerse. Al termine di questa fase si realizza un prototipo e, quando ci si accorge di aver ottenuto quello che si cercava, inizia il lavoro di ingegnerizzazione. Un prototipo, infatti, altro non è che una sorta di “prova giocattolo” a dimostrazione del fatto che l’intuizione iniziale del ricercatore era corretta. Oltre a rappresentare il primo momento in cui la Direzione verifica concretamente se tale intuizione si sposi con l’obiettivo commerciale, segnando così il confine tra il lavoro di ricerca e quello di ingegnerizzazione».
E nella fase di ingegnerizzazione cosa succede?
A. Voltarel: «Subentrano le valutazioni legate alla scelta delle architetture del software, delle svariate tecnologie da utilizzare nel dettaglio come librerie, framework, ambienti, e si comincia a riorganizzare tutte le componenti per costruire un edificio che si riveli solido nel tempo ma anche in grado di crescere e arricchirsi. L’obiettivo finale è un software che dovrà essere sufficientemente generalista da potersi adattare alle diverse declinazioni di problematiche che sono le stesse ma che, a seconda delle aziende, vanno risolte in modo diverso. È in questo momento che si decide non solo quali tecnologie utilizzare ma anche come mantenerle e eventualmente sostituirle».
Le tecnologie: come le cercate e come le scegliete? Quali aspetti dovete tenere presente?
A. Tronchin: «Le scegliamo dopo attento studio. Come le cerchiamo? Se non ci fosse internet saremmo spacciati! Potrebbe sembrare una battuta ma non lo è. La ricerca nasce dalla condivisione di idee e su internet si trovano articoli e software dimostrativi. Spesso, specialmente in ambito open source, non si ha la necessità di nascondere o difendere le proprie intuizioni, perché la condizione alla base dell’evoluzione stessa è la condivisione della conoscenza. Non tutto però è già pronto all’uso. Servono fantasia e intuizione. Ritornando, ad esempio, a SENSE, in quel caso nella fase di ricerca un passo determinante è stato l’individuazione di una pubblicazione scientifica nel web che ci ha suggerito un modo originale per affrontare il progetto: un’idea di pubblico dominio ma che bisognava saper cogliere e contestualizzare».
S. Bacci: «Tra gli aspetti più importanti che dobbiamo tenere presenti nella scelta c’è senz’altro quello dell’integrazione tra tecnologie che possono essere molto diverse tra loro, oltre che appartenenti a periodi storici distanti. Il compito del team di Ingegnerizzazione a questo proposito è proprio quello di plasmare tali tecnologie e uniformarle al fine di avere un prodotto coerente».
Tecnologia standard e open source: vengono utilizzate entrambe? Quali i vantaggi e i limiti?
A. Tronchin: «Abbiamo iniziato a far riferimento al mondo open source all’incirca nel 2001, quando, con l’avvento di Microsoft. NET, sono comparsi framework e librerie che potevano essere sfruttate anche nello sviluppo dei nostri prodotti. Oggi, laddove possiamo, sposiamo le soluzioni open source soprattutto per due motivi: sono sinonimo di qualità dato che l’unico motivo per cui una tecnologia di questo tipo si afferma è che la comunità informatica la apprezza e premia perché funziona meglio; sono caratterizzate da sorgenti aperti per cui se si ha bisogno di apportare correzioni o introdure estensioni, compatibilmente con il licensing si può operare direttamente sul codice. Infine, il fatto che siano tecnologie gratuite non guasta. Esiste purtroppo poca documentazione ufficiale perché si presuppone che chi ha bisogno di usare queste tecnologie abbia delle competenze tali da confrontarsi con il codice, leggerlo e capirlo. A differenza, con l’utilizzo di soluzioni di brand internazionali, si ha garanzia di poter ricevere supporto e assistenza ma a volte le politiche di evoluzione di questi prodotti non si sposano con la roadmap del proprio».
Dove sta andando la ricerca di Eurosystem?
S. Bacci: «Attualmente abbiamo aperti diversi fronti di ricerca e ingegnerizzazione. Possiamo dire di lavorare su tanti ambiti, su alcuni di questi lo facciamo per essere competitivi rispetto alle richieste di mercato, in altri ci imbattiamo scommettendo unicamente sulle nostre idee e con l’ambizione di essere precursori rispetto alle esigenze dello stesso. Tra questi sicuramente gli ambiti della User eXperience Computazionale. Stiamo iniziando a muovere primi timidi passi su tematiche di automazione dei processi decisionali (ADM), della pianificazione e dell’assegnamento di risorse tramite tecniche di ottimizzazione allo stato dell’arte. In questo ramo della ricerca in questo momento ci troviamo davvero ai primi chiarori dell’alba rispetto all’individuazione di soluzioni possibili, ma il nostro reparto esiste proprio per questo: per ricercare, analizzare, studiare nuove possibili strade che qualche volta si dimostrano dei vicoli ciechi, altre volte danno quel valore aggiunto al nostro prodotto che ci permette di essere dei pionieri nelle proposte ai clienti e permette a quest’ultimi di migliorare i propri processi, basandosi proprio su queste nuove tecnologie».