L’ARTIFICIALE È NATURALE: É UN PRODOTTO DELL’UOMO
L’artefatto umano è orientato ad un fine e dovrebbe essere adattato ai principi universali di convivenza umana. La sfida più grande adesso è l’ecologia per la nostra sopravvivenza, una questione destinata ad estinguersi con la nostra specie: un processo evolutivo inevitabile. Intervista all’antropologo Antonio Marazzi.
Lo sviluppo tecnologico ci ha abituato a vivere come “uomini aumentati” con molta naturalezza, effettivamente questo passaggio è stato così naturale?
Sì, certo. È proprio nella natura della nostra specie avere inventato e utilizzato strumenti adatti alla propria sopravvivenza. Molti si mostrano preoccupati della presenza invasiva delle nuove tecnologie. Basterebbe pensare alla crescita esponenziale demografica per considerare la tecnologia.
Nonostante l’uso quotidiano della macchina da parte dell’uomo, quest’ultimo sembra viva con timore l’idea, un giorno, di avere un umanoide vicino. Lei cosa ne pensa?
La forma umanoide andrebbe considerata nel suo aspetto funzionale, se cioè è la più adatta ad assolvere i compiti prefissati. La crescente presenza di anziani e di bambini non accuditi, nelle nostre società, fa progettare badanti e infermiere umanoidi. Novità tecnologiche hanno spesso suscitato timori prima di essere accolte in una società, così come avviene all’ingresso di un estraneo, umano o macchina che sia. Le prime locomotive a vapore terrorizzavano chi vedeva quei mostri enormi e sbuffanti entrare nei villaggi.
Secondo Lei una macchina potrà arrivare a riprodurre la biologia umana?
La bionica è in grado di sostituire pezzi del nostro corpo in modo sempre più avanzato, meno meccanico e più vicino ai sistemi nervosi e cellulari dell’uomo. Riprodurre la biologia umana è piuttosto il compito della biogenetica. Si pensi alla fecondazione e alla nascita artificiali che sta andando nella direzione dell’ectogenesi che sostituirà la gravidanza naturale.
Un robot, per come la tecnologia lo sta avvicinando all’essere umano, dovrà avere un ruolo sociale in questo mondo?
Mentre ci si pone questa ragionevole questione, che è presente soprattutto nei paesi orientali, dove la coesione sociale è prioritaria, mi pare che sul versante della ricerca si vadano superando i limiti di tale imitazione. Pur senza accogliere le suggestioni dei cultori del “post-human”, secondo i quali il nostro corpo sarebbe “obsoleto”, le tecnologie si stanno liberando di certe forme di imitazione per ottenere obbiettivi in modo più efficace. I droni possono essere un esempio.
L’evoluzione dell’uomo ha, secondo Lei, degli schemi che si sono ripetuti fino ad oggi? Se sì, come vede l’evoluzione dell’uomo nel futuro?
Secondo le interpretazioni dei paleoantropologi, primo fra tutti Leroi-Gourhan, l’uomo ha sempre tratto vantaggio dai propri limiti, come dalle debolezze fisiche nel confronto con altre specie animali. Ora la sfida è su grande scala, con l’ecologia, per la nostra sopravvivenza. Una previsione è impossibile, bisogna però considerare che fa parte dell’evoluzione l’estinzione di una specie, e la nostra non può fare eccezione.
In cosa l’Intelligenza Artificiale (IA) sta aiutando la Sua vita?
Ho qualche reticenza nell’attribuire il titolo di Intelligenza Artificiale a certe invenzioni e a certi progressi che hanno rivoluzionato non solo il nostro modo di vivere, ma le stesse coordinate fondamentali sulle quali nel corso della storia si è cercato di comprendere il mondo. Penso anzitutto al tempo e allo spazio, ripensati se non azzerati dall’uso quotidiano della comunicazione su scala planetaria, delle memorie artificiali illimitate. Quanto all’IA in senso stretto, mi pare un progetto oramai abbandonato, non solo per l’impossibile replicazione dei processi neuronali, ma perché è più efficace seguire altri percorsi per perseguire certi obiettivi.
C’è un aspetto dell’uomo da cui non si può prescindere quando si progetta un’IA?
Qualunque artefatto umano è orientato a un fine. E qualunque progetto dovrebbe valutare il suo adattarsi ai principi universali della convivenza umana, evitando ogni autoriferimento e autovalutazione. Un’arma, per quanto sofisticata, è sempre un progetto stupido.
Come ci si relaziona con un’IA?
Sono tentato di rispondere con una battuta: con un ragionevole senso di superiorità, ovvero, il test di Turing è un non-senso logico.
Lei nel suo libro si pone questa domanda che le rigiro: stiamo passando da un’evoluzione naturale a un’evoluzione artificiale della nostra specie?
In argomenti così generali è spesso una questione di termini. In un certo senso, l’artificiale è “naturale”, un prodotto della natura umana. Possiamo anche pensare all’evoluzione come a un processo discontinuo, che fa dei salti. Qualcosa come ciò che diceva Syephen Jay Gould parlando di “equilibri punteggiati”. Il passaggio al neolitico è stato uno di questi. Forse ne stiamo attraversando un altro, nel quale la scienza, dopo aver osservato e cercato di comprendere la natura, diviene, ora, in grado di manipolarla, modificarla, fino a creare artificialmente i processi naturali, dei veri e propri artefatti biologici. La tecnologia applicata alle forme di vita diventa un terzo polo, autonomo sia dalle leggi di natura che da quelle della cultura, pur derivando dall’una e dall’altra, ma dotata di proprie leggi. E torniamo alla questione dei termini: non è forse sempre l’uomo a fare nascere nuovi membri della propria specie secondo i nuovi desideri della propria cultura attraverso gli strumenti che ha inventato per una manipolazione artificiale delle forme di vita? Si può ammetterlo, ma il salto evolutivo c’è.