È la tecnologia che ci rende umani…

È la tecnologia che ci rende umani…

di Stefano Moriggi

Me ne rendo perfettamente conto. In un paese in cui i valori (qualsiasi cosa si intenda con questo termine delicato e scivoloso) sono tradizionalmente rappresentati e tutelati da umanisti o prelati, sostenere pubblicamente – come ho fatto qualche anno fa – che la “tecnologia ci rende umani” – non poteva che suonare a molti come una provocazione. E, infatti, così andarono le cose. Dibattiti, polemiche, accuse: insomma, tutto quel che serve alle idee per vivere, circolare e magari, ogni tanto, contribuire a scalfire pregiudizi così diffusi e radicati da essere persino considerati ideali universali.

Ma ora – complice l’uscita del primo numero di Logyn – credo sia giunto il momento di ribadire e rilanciare. E non certo per il gusto di irritare le sensibilità altrui. Al contrario, lo scopo è quello di sottolineare con un piccolo contributo l’urgenza di insufflare nel dibattito culturale italiano quel minimo di educazione scientifica senza la quale è difficile comprendere la complessità della società contemporanea. Figuriamoci affrontarla…

E dunque, mi concederò la libertà (che per alcuni sarà una licenza) di avanzare una proposta: se davvero vogliamo – come da più parti si auspica – provare a immaginare un nuovo umanesimo, allora dobbiamo cominciare a pensare con le macchine. Ovviamente, come si avrà modo di appurare nella lettura del presente articolo, l’intento non è quello di voler “ridurre” (o addirittura “sostituire”) la facoltà e l’esercizio del pensiero con le funzionalità operative di macchine sempre più performanti. Si tratterà piuttosto di mettere in luce alcuni aspetti dell’intricato rapporto tra uomo e macchina per indagare alcune delle dinamiche entro cui ha preso forma il nostro modo di agire e pensare sulla scena del grande teatro del mondo. Un percorso attraverso cui – mi auguro – si possa pensare con le macchine!

È la tecnologia che ci rende umani…

Stefano Moriggi