Approfondisci...

L’Era intelligente

L’Era intelligente

Verso l’iperconnessione uomo-macchina

La rivoluzione digitale continua incessante e prospetta un futuro che non avremmo mai immaginato. Dai Big Data, un tema che non fa più e solo riferimento ad una grande mole di dati, all’intelligenza artificiale, che somiglierà sempre più all’intelligenza umana, alle reti 5G che ci porteranno all’iperconnessione.

È l’Era intelligente, come la chiama l’astronauta Paolo Nespoli, in cui le macchine assomigliano sempre di più agli umani e gli uomini alle macchine.

Un quadro confermato dal professor Francesco Sacco che racconta come sarà una giornata “tipo” nel giro di pochi decenni. Le nostre vite private e professionali potranno contare su assistenti virtuali che ci accompagneranno durante la giornata in ufficio: ci basterà parlare per dettare le risposte ai messaggi ricevuti, mentre l’intelligenza artificiale analizzerà le nostre prestazioni in palestra durante la pausa e ci darà indicazioni per il pranzo. Un altro assistente virtuale ci aiuterà a preparare la riunione del pomeriggio mettendo insieme autonomamente tutti i documenti necessari, che saranno scaricati in formato digitale sul nostro tablet. Tutto questo grazie alla rete 5G, che non è un’evoluzione del 4G ma una rivoluzione. Nasce per permettere la diffusione dell’Internet of Things (IoT). Stiamo parlando di reti 100 volte più veloci del 4G.

Numeri impressionanti, ma come vedono l’era intelligente le aziende italiane?

Per quel che riguarda l’Intelligenza Artificiale (AI), secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato in Italia è agli albori, con una spesa per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale di appena 85 milioni di euro nel 2018, ma dalle grandi prospettive; al mercato dei progetti vanno affiancati infatti gli assistenti vocali intelligenti, nonché i robot autonomi e collaborativi usati in ambito industriale, il cui mercato valeva nel 2017 già oltre 145 milioni di euro. 

Le imprese italiane però hanno una visione ancora confusa delle opportunità dell’Artificial Intelligence: la maggioranza, il 58%, la associa ad una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana. Un concetto che ha poco a che fare con i risvolti pratici della disciplina. E il mercato dei Big Data Analytics? Secondo i dati dell’Osservatorio in Italia resta confermato nel 2018 il trend positivo degli ultimi tre anni, in cui il settore è cresciuto in media del 21% ogni dodici mesi; anche se rimane molto ampio il divario fra le grandi imprese, che si dividono l’88% della spesa complessiva, e le Pmi, che rappresentano il 12% del mercato.

Il mercato dei Big Data Analytics continua a crescere a ritmi serrati, superiori al 25% – afferma Carlo Vercellis, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence – . Ma per coglierne appieno i benefici, è necessario che i Big Data vengano analizzati secondo modalità smart, mediante sofisticati algoritmi di machine learning in grado di identificare pattern e correlazioni presenti nei dati e di trasformare questa conoscenza in azioni concrete che permettano alle
imprese di acquisire vantaggi competitivi”.

La mancanza di competenze interne rimane il principale elemento di freno allo sviluppo di progetti di Big Data Analytics. Il 77% delle grandi aziende segnala questa carenza di risorse dedicate alla Data Science. A proposito di competenze il Future Today Institute prevede che entro la fine del 2020 la metà delle nostre interazioni con i computer saranno vocali — in pratica, useremo sempre più la voce e sempre meno la tastiera. “Applichiamo l’intelligenza artificiale, — riporta Uljan Sharka, CEO di iGenius — e in particolare il conversational AI, all’analisi dei dati aziendali. In questo contesto, le esigenze sono due: semplificare, automatizzandola, un’attività complessa come quella dell’analisi dei dati e rendere l’analisi dei dati accessibile. La nostra missione è permettere anche a coloro che non hanno una formazione tecnica di usufruire del valore intrinseco dei dati nel modo più semplice possibile: consultandoli a voce, attraverso un’interfaccia semplice ed intuitiva”.

Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Intelligenza Artificiale, School of Management del Politecnico di Milano, è molto positivo sul fatto che le imprese italiane hanno ormai iniziato il percorso verso la nuvola e, anzi, lo hanno reso parte integrante della propria strategia IT. Secondo Piva la competenza tecnica è del Cloud Provider, mentre l’azienda utente ha il compito di combinare le tecnologie a disposizione nel modo che meglio si adatta al proprio contesto di business e alle esigenze di processo. Un elemento chiave per la rapidità nell’adozione di questi trend e dunque per la competitività sui mercati.


Vuoi sfogliare le interviste di Logyn 17? Clicca qui!