La riforma del condominio
Andare d’accordo è difficile, soprattutto in condominio. Con la recente Legge del 11.12.2012 n. 220, il Legislatore ha introdotto alcune novità nella normativa che regola la vita di condominio cercando di renderla più facile e pacifica.
Chiunque abbia avuto una minima esperienza di vita condominiale sa che le possibilità per instaurare litigi sono infinite. Alcuni condomini sono rumorosi o maleducati, vi possono essere animali che disturbano e non parliamo dei parcheggi sui quali ogni condominio ha, sempre, qualcosa da ridire. Andar d’accordo è difficile ma forse lo sarà (o almeno dovrebbe esserlo) un po’ meno con la riforma del condominio: arrivata in porto dopo un confronto serrato tra le varie forze politiche che hanno fatto arenare più volte la riforma nelle sabbie
mobili delle commissioni parlamentari. Poi è intervenuta la Legge 11.12.2012 n. 220 che ha inciso, significativamente, sulle norme che regolano la vita nel condominio.
C’è da dire che la normativa sul condominio risaliva al 1942 ed era stata ampiamente superata dalla evoluzione della proprietà in condominio e dall’affermarsi di nuove tecnologie: il che imponeva un intervento da parte del Legislatore a salvaguardia degli interessi dei condomini che, per primi, risentivano di tale inadeguatezza. L’amministratore, l’assemblea, la stessa natura giuridica del condominio richiedevano una più precisa regolamentazione. Interviene la Legge e, come purtroppo spesso accade, la lunga attesa non è stata – certamente – premiata anche se qualche passo avanti certamente è stato fatto. In questa sede ci limiteremo ad affrontare alcuni aspetti e segnalare alcuni mutamenti rilevanti che possono incidere nella vita del condominio.
La riforma incide su tante cose: sulle parti comuni, sulla definizione di condominio e sulle varie possibilità. In particolare è stata modificata sensibilmente la figura dell’amministratore. Modifica divenuta sempre più necessaria anche a causa del sempre più rilevante impegno economico che regola l’amministrazione del condominio. La nomina dell’amministratore è obbligatoria quando i condomini sono almeno 9, dura in carica 1 anno e alla scadenza l’incarico si intende automaticamente rinnovato per eguale durata. L’amministratore è nominato, in assemblea, dalla maggioranza degli intervenuti che possieda almeno la metà dei millesimi. Ora l’art. 71 bis delle Disp. di attuazione stabilisce che possono svolgere l’incarico di amministratore anche le società di capitali (ad es. spa, srl…) nonchè le società di persone (ad es. sas, snc). Tale precisazione è stata quanto meno opportuna attesa la gestione di un condominio può essere particolarmente complessa e le società garantiscono un’affidabilità superiore a quelle della singola persona fisica potendo contare sul lavoro di più soggetti specializzati nella gestione di beni immobili. L’affidamento dell’incarico ad una società, pertanto, è sempre più frequente ed è in linea con l’evoluzione della figura dell’amministratore che, un tempo, veniva conferito agli stessi condomini che avessero tempo a disposizione: spesso anziani e/o pensionati. Ciò non è assolutamente possibile, soprattutto non avrebbe logica alcuna, attese le numerose e gravi responsabilità attribuite all’amministratore dalle Leggi in materia di edilizia, di sicurezza degli impianti e degli obblighi tributari. Almeno in questo vi sarà, per effetto della riforma, maggiore chiarezza.
Un aspetto assolutamente particolare e rilevante in capo all’amministratore riguarda la riscossione dei contributi condominiali. La Legge di riforma è intervenuta in modo incisivo e radicale precisando che per la riscossione delle somme dovute l’amministratore può attivare la procedura di ingiunzione senza dover richiedere una preventiva autorizzazione all’assemblea. L’amministratore deve comunicare ai creditori non soddisfatti i dati dei condomini morosi, affinchè questi possano agire in prima battuta nei loro confronti, rivolgendosi solo in un secondo momento ai condomini in regola per i pagamenti. Secondo l’orientamento prevalente, a tal fine, si segnala come il principio della ripartizione delle spese pro quota tra i condomini abbia valore solo interno mentre nei confronti dei terzi la responsabilità è necessariamente solidale, nell’applicazione del principio generale sancito dall’art. 1294 del c.c.. L’amministratore, inoltre, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato se la mora si protrae per 6 mesi.
L’amministratore, pertanto, dovrà – necessariamente – attivare procedure giudiziali nei confronti dei condomini morosi: ciò se da un lato potrà aggravare la condizione di chi non è in grado di far fronte tempestivamente ai pagamenti, potrà certamente essere inteso come una norma di “salvaguardia” nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti. Ciò, pur tuttavia, comporterà non pochi problemi all’amministratore del condominio che si troverà, molto spesso, a dover attivare costose attività giudiziarie a fronte di inadempimenti.
La conclusione che si può trarre da questo sommario esame della figura dell’amministratore è che lo stesso dovrà essere un tecnico, preparato e responsabile e che dovrà vigilare costantemente la situazione economica del condominio ed intervenire prontamente al fine di evitare il protrarsi di esagerate morosità. Almeno sotto tale profilo la riforma è sicuramente apprezzabile: specie ove indica chiaramente che la figura dell’amministratore di condominio deve sempre più essere caratterizzata da requisiti di professionalità e garanzia di competenza.
Studio Legale Nordio-Manuel