LA MEDICINA DEL LAVORO TRA RICERCA E BUROCRAZIA

LA MEDICINA DEL LAVORO TRA RICERCA E BUROCRAZIA

Dall’intuizione di Bernardo Ramazzini (1700) alla moderna definizione stabilita dal Testo Unico 81/2008: in tre secoli di storia la Medicina del Lavoro ha assunto un ruolo centrale nella tutela della salute aziendale, migliorandone la qualità e contribuendo al suo progresso.

Il ruolo del Medico competente aziendale, così come inquadrato all’interno del DLgs 81/08, è stato definito nel corso di un lungo processo evolutivo della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. La moderna medicina del lavoro è stata fondata da Bernardo Ramazzini che, nel 1700, pubblicò il primo elenco delle malattie professionali, frutto di elaborazione di illustri medici e pensatori precedenti e della sua esperienza sul campo. L’intuizione e l’innovazione del Ramazzini fu proprio quella di portare il medico a lavorare in ambienti “sporchi”, nelle fabbriche, fuori dal suo ambulatorio clinico convenzionale, per valutare in prima persona la condizione professionale lavorativa in modo da poter risalire alle cause dei disturbi lamentati dai lavoratori.

Con il Testo Unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro (Dlgs 81/ 2008) il Medico competente assume un ruolo centrale tra le figure preposte alle attività di prevenzione in azienda, con le sue capacità professionali frutto delle conoscenze scientifiche e dell’esperienza costruita a contatto con lavoratori e aziende.
Questo lavoro deve essere svolto in collaborazione con i Servizi Pubblici di Prevenzione delle ASL (SPISAL), ma tenendo sempre in considerazione che questi rapporti devono essere opportunamente finalizzati alla prevenzione e alla tutela della sicurezza e delle salute dei lavoratori.

In questo lavoro comune, i servizi della ASL hanno lo scopo istituzionale di vigilare e di coordinare l’attività del medico competente, ma anche il compito di informare e formare il medico competente con linee di indirizzo omogenee e standardizzate e con attenzione agli aspetti di sostanza a scapito di quelli meramente formali o documentali. L’eliminazione di adempimenti inutili o ridondanti permette al medico competente di spostare il baricentro della sua attività, dal riempimento di “carte” troppo attente alla precisione formale, ad adempimenti sostanziali ed effettivamente orientati alla tutela ed alla promozione della salute. Infatti, carichi burocratici, obbligatori per legge, troppo spesso condizionano il lavoro del medico sia di fronte all’azienda che al lavoratore stesso. Il medico è così obbligato a concentrare la sua attenzione sulla “carta” da riempire piuttosto che sulle “evidenze” e sull’applicazione delle sue conoscenze professionali, che danno qualità al suo lavoro di tutela della salute dei lavoratori e non solo della sicurezza. A tale proposito non sono certamente venute in aiuto le cosiddette norme di “semplificazione” che il governo ha recentemente emanato, né il tentativo di passare dal cartaceo al supporto informatico. Il medico competente da quest’anno deve farsi carico di un ulteriore impegno burocratico, peraltro spropositatamente sanzionato in caso di inadempimento: la compilazione e l’invio annuale, su piattaforma informatica prestata dall’INAIL agli Spisal, del nuovo allegato III B al DLgs 81/08.

Questo compito è in capo al medico aziendale, ma coinvolge il datore di lavoro in quanto deve fornire una serie di dati aziendali di tipo amministrativo e formale.
Pur con buone intenzioni di partenza, questo ulteriore adempimento si è rivelato un’occasione perduta per la creazione di una sinergia tra settore pubblico e privato finalizzata, ad esempio, per raccogliere dati epidemiologici di sostanza sulle patologie professionali, che sono la base di partenza indispensabile per ogni buona ricerca scientifica in medicina e soprattutto in medicina del lavoro.

Questi dati in Italia attualmente sono insufficienti e poco affidabili statisticamente perché affidati unicamente alle denunce di malattia professionale afferenti all’INAIL (tranne qualche caso particolare che riguarda il registro tumori). I dati richiesti con l’attuale modello III B non possiedono invece alcun valore epidemiologico, né da essi è possibile estrarre risultati scientificamente validi; inoltre, vengono inutilmente richiesti in quanto già acquisiti dalla Pubblica Amministrazione.

Dal fronte normativo arriva però anche una buona notizia: il Comitato “Procedure Standardizzate”, che lavora all’interno dell’ISPELS/INAIL, ha predisposto una procedura semplificata standard per la valutazione dei rischi, utilizzabile dalle imprese con meno di 10 dipendenti. Queste realtà sono spesso impegnate, anche come ditte appaltatrici, in comparti lavorativi ad alto indice infortunistico come l’edilizia, la metallurgia, l’agricoltura, la logistica. È questo un supporto informativo semplice, ma tecnicamente rigoroso, che supera il precedente concetto di “autocertificazione”, che spesso rappresenta un problema per il datore di lavoro e risulta poco efficace e rigoroso dal punto di vista tecnico. La valutazione dei rischi è il processo fondamentale del sistema di prevenzione aziendale ed è la disposizione obbligatoria principale del T.U 81/2008. Avere a disposizione delle schede di rischio per mansione / professione strutturate in maniera semplice si rivela perciò come strumento agile e standardizzato molto utile per ottemperare a tale obbligo in maniera corretta anche da parte delle imprese di medie e piccole dimensioni.