“IO NE HO VISTE COSE CHE VOI UMANI NON POTRESTE IMMAGINARVI”
Siamo abituati ai film di fantascienza che ci propinano robot umani che combattono grandi guerre con l’uomo per accaparrarsi la supremazia sull’altro. Ma qual è la realtà? L’intervista a Giorgio Metta ci tranquillizza e ci porta nel mondo reale dove i robot saranno degli elettrodomestici che costeranno 5.000 euro e che fungeranno da ausilio per l’uomo.
Che cos’è per Lei l’intelligenza artificiale (IA)?
L’lA è costituita da una serie di tecniche computazionali di derivazione informatica che consentono di costruire delle macchine che interagiscono in modo autonomo nell’ambiente sia questo fisico sia virtuale. Si tratta di algoritmi che partono da un insieme di dati per generare una possibile risposta anche se questa non è mai stata prevista. Le macchine funzionano molto bene per immagazzinare dati ma sono carenti nella produzione di soluzioni originali su casi che non sono stati affrontati prima. La ricerca sull’algoritmo va in questa direzione: avvicinarsi nel modo di pensare all’uomo e alla sua capacità di mettere insieme delle soluzioni. Quindi in poche parole l’IA è la capacità di ragionare su un insieme di osservazioni per fare la differenza.
Blade Runner, il film ispirato al romanzo Il cacciatore di androidi è secondo Lei ancora fantascienza?
Ci sono due aspetti del film: uno relativo all’intelligenza artificiale e l’altro all’evoluzione della robotica, una macchina che ha un corpo molto simile a quello umano. Queste ultime tecnologie non esistono, siamo molto lontani. Anche l’aspetto dell’IA non esiste nella realtà, nel film questi androidi si distinguevano poco dagli umani anche a livello di ragionamento. La nostra attuale tecnologia è ancora di tipo industriale, sono robot fatti di metallo, con possibilità di rompersi e manca anche l’intelligenza generica. I nostri robot sono creati per delle soluzioni specifiche. Potremmo costruire l’IA per consentire ad un robot di navigare in modo autonomo in un determinato ambiente, ma riesce a fare solo quello. Non credo che risolveremo in tempi brevi il problema. Io credo che arriveremo a usare i robot come facciamo con lo smartphone, creando delle applicazioni per degli specifici compiti che inseriremo di volta in volta nella macchina per renderla multifunzionale.
I robot sono sempre più a immagine e somiglianza dell’uomo sia a livello di intelligenza che esteriore, c’è il rischio che i robot possano acquisire anche i sentimenti negativi tipicamente umani come, sete di potere, invidia, competizione, odio, cattiveria, etc.?
I robot di solito vengono utilizzati per risolvere determinati problemi, esiste tuttavia un filone di ricerca che sta lavorando nella costruzione di una macchina più simile al corpo umano. È possibile che, volendo sviluppare l’IA in un robot, lo si costruisca comunque più somigliante all’uomo, poi se queste macchine potranno acquisire sentimenti umani è un’ipotesi molto molto remota. In realtà la ricerca si pone poco il problema. In linea teorica può essere vero: una macchina a cui si dà la capacità di apprendimento è come un bambino che acquisisce svariati comportamenti, anche quelli negativi. Stessa cosa per una macchina che impara a muoversi in un certo modo, se i segnali che riceve dall’ambiente sono negativi lui li imiterà. Questo comportamento è difficilmente controllabile, perché non dipende da chi ha realizzato il programma ma dall’esperienza della macchina durante l’interazione con gli esseri umani, per giunta, in un ambiente dove non è possibile prevedere a priori quali sono i dati che riceverà il robot. Da questo punto di vista c’è la possibilità che la macchina possa fare qualcosa di sbagliato. Se poi questo abbia a che vedere con dei sentimenti dipende da cosa si intende. Io credo che i sentimenti nell’essere umano sono in parte lo scopo che si dà la persona stessa nella propria vita e come questo venga generato non è del tutto chiaro. Dall’altra parte i sentimenti sono segnali biochimici che sottintendono delle attività di alcune parti del cervello e che in teoria sono simulabili in una macchina. Questo è un pensiero molto a lungo termine, adesso ci sono dei problemi più concreti da risolvere come la capacità di interazione con l’ambiente, capacità di vedere, di movimento, etc.
Bill Gates afferma che l’Intelligenza Artificiale va controllata; e Lei?
Beh come dicevo bisogna considerare due tipi di problemi quello più a lungo termine che riguarda la filosofia, l’etica e il sociale. I problemi di oggi sono più concreti: il riconoscimento vocale o riuscire a dare dei comandi senza una tastiera; in questo non vedo la necessità di controllare questo tipo di IA. Trovo molto difficile dare delle regole. Credo che Bill Gates si riferisse a problemi più a lungo termine: una macchina con una propria coscienza. In questo caso sarebbe opportuno risolverlo finanziando la ricerca nel modo giusto, che permetta anche di studiare le conseguenze dell’IA.
Se da un lato la sostituzione delle macchine all’uomo in un contesto bellico può essere vitale per molti soldati, dall’altro, un contesto dove la macchina sostituisce l’uomo in una professione può portare ad un aumento del tasso di disoccupazione: Lei cosa ne pensa?
Ci sono tante risposte a questa domanda e diverse visioni. C’è stato un articolo sull’Economist che illustrava una recente ricerca che dimostrava come ogni tecnologia avesse aumentato la ricchezza. Un altro articolo firmato da circa 200 scienziati americani dice che queste tecnologie hanno contribuito ad aumentare il PIL degli Stati Uniti. In questo senso ci sono segnali positivi. Il segnale negativo è quando si dice che le macchine sostituiscono l’uomo in determinati lavori. Io mi chiedo: quanto l’uomo è disponibile a fare lavori alienanti, pericolosi e se effettivamente in altri casi viene sostituito oppure affiancato dalla tecnologia. Consideriamo anche tutta quella produzione industriale trasferita in altri Paesi dove spesso le condizioni di lavoro umane sono inaccettabili. La mia impressione è che ci saranno delle macchine che interagiranno con l’uomo supportandolo più che sostituendolo. Tutto sommato l’Economist secondo me ha ragione perché è vero che qualcuno in meno lavorerà nella produzione dei beni ma ci saranno più persone che lavoreranno nella programmazione migliorandone, così, anche la qualità del lavoro.
Quali sono altri campi che a suo avviso potranno trarre beneficio dallo sviluppo dell’IA?
Ci sono tante possibilità come la robotica applicata a diversi settori: la chirurgia, l’healthcare, le macchine per la riabilitazione, macchine utili in caso di grandi disastri, l’assistenza alla persona anziana, infine robot in grado di eseguire una raccolta di dati su territori di vaste dimensioni. Queste applicazioni sono le grandi sfide della robotica che la stessa Commissione Europea si è posta per i prossimi 5 anni. Altre applicazioni ma meno visibili sono in campo energetico, ovvero, arrivare alla gestione delle reti energetiche in modo sostenibile ed efficiente. Un’altra applicazione della robotica molto attiva è legata ai motori di ricerca nell’ambito dei servizi: gestione dei viaggi, prenotazioni etc.
Come vede la città del 2115?
La prossima grande rivoluzione a mio avviso dovrebbe essere trasformare la tecnologia in qualcosa che sia alla portata di tutti. Oggi solo il 6% della popolazione mondiale ha accesso a queste tecnologie. Eliminare gli attuali dislivelli sarà molto importante. Un esempio che rende l’idea è che se in una bottiglia mettiamo nel fondo dell’acqua a 90° e poi nel resto ci mettiamo dell’acqua a 10° prima o poi tutto si uniforma, si spera che questo possa succedere con la popolazione mondiale e la tecnologia. Noi stiamo tenendo una parte del mondo a 90° e una parte a 10°, prima o poi tutto si mischia.
Ci racconti le prossime frontiere di ricerca del dipartimento iCube Facility in ambito IA.
A breve termine stiamo lavorando sull’apprendimento in IA, ossia costruire una macchina che lavori in un ambiente e che nello stesso tempo apprenda. La prospettiva è arrivare ad un robot che sia in grado di riconoscere più ambienti, questo significa elaborare una mole di dati incredibile, che è il problema principale al momento. Lo stiamo facendo sia da un punto di vista del riconoscimento visivo sia dal punto di vista dell’attività di utilizzo, da parte del robot, di un determinato oggetto in modo corretto. L’altro aspetto su cui si sta lavorando è la capacità di studio del robot di camminare nell’ambiente, prendere l’oggetto, rimanere in equilibrio, che non è una cosa banale. Altre direzioni hanno più a che fare con la tecnologia, ad esempio la progettazione di robot con involucri più resistenti e batterie più durature. Su quest’ultimo fronte stiamo sviluppando anche algoritmi più efficienti che faranno consumare meno energia ai robot. Sempre sul fronte hardware vogliamo arrivare a costruire un robot che avrà il prezzo di un elettrodomestico sofisticato, quindi siamo nell’ordine di 5 mila euro circa. Oggi ci costa ancora troppo: 250 mila euro.