INNOVARE PER COMPETERE: LA SFIDA DI CNA VENETO

INNOVARE PER COMPETERE: LA SFIDA DI CNA VENETO

La Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa del Veneto si costituisce con l’obiettivo di rappresentare le piccole e micro imprese venete che operano nei settori dell’artigianato e dell’industria. Oggi, con la crisi economica in atto, il lavoro di CNA è ancora più difficile e nel contempo fondamentale nei rapporti con le istituzioni pubbliche, i sindacati e le altre associazioni imprenditoriali regionali.

CNA in Veneto: la situazione del territorio.
Le piccole imprese, soprattutto quelle artigiane, in questo periodo stanno soffrendo maggiormente i contraccolpi della crisi rispetto a quelle di medie e di grandi dimensioni. Questo per il fatto che molte di loro sono legate al mercato interno, quando in questo periodo il traino per l’uscita dalla crisi proviene quasi esclusivamente dall’export. Infatti, in questo momento le imprese che sono rivolte all’estero cominciano a sentire qualche beneficio oppure semplicemente si trovano in situazioni migliori. Mentre quelle che sono totalmente legate al mercato interno sono in difficoltà. Non ci sono grandi differenze nelle diverse aree geografiche italiane, anche se il mercato interno al Nord è forse ancora oggi più ricco ed offre maggiori possibilità. Eppure, ciononostante, la capacità di spese delle famiglie si sta ridimensionando sempre di più. Il settore edile è quello maggiormente colpito: si sta assistendo ad una caduta drastica, sia nel numero delle imprese e dei dipendenti che nel fatturato.

CNA Veneto come si è mossa e come si sta muovendo in questa fase delicata? Quali sono mission e obiettivi?
Diciamo che ci sono degli obiettivi di carattere generale che hanno un’incidenza diretta sulle imprese e che caratterizzano tutta l’associazione a livello nazionale. Ovvero la richiesta di adeguate politiche fiscali per la riduzione della pressione tributaria che si sta esercitando sulle imprese e sui cittadini. Altro punto fondamentale, la riduzione drastica nella concessione del credito alle imprese, in particolare alle più piccole che hanno minori disponibilità di garanzia. Il mio augurio è che in futuro la BCE e le banche centrali seguano la direttrice di andare incontro concretamente anche alle piccole imprese. Perché il precedente provvedimento della BCE si è rilevato sostanzialmente inefficace per l’accesso al credito delle imprese: le banche, infatti, hanno preferito utilizzare i soldi ricevuti al tasso dell’1% dalla Banca centrale investendo nei debiti pubblici degli Stati piuttosto che sostenere la classe produttiva con un credito facilitato. Ossia, hanno investito in bot, cct e btp, preferendo abbandonare il terreno del credito alle imprese. Oggi si intravede un nuovo piccolo spiraglio che pare riaprirsi da parte della BCE e speriamo che questo possa concretizzarsi realmente e cominci ad arrivare qualche rivolo di risorsa anche alle piccole imprese. Noi come CNA stiamo interloquendo con le istituzioni perché arrivino a far sentire e magari pesare la loro voce in favore del tessuto produttivo italiano.

L’artigianato in Italia: che evoluzione può avere questo comparto?
Bisogna focalizzare l’attenzione su un aspetto in particolare: innanzitutto, c’è da dire che dalla crisi anche il nostro settore uscirà ridimensionato soprattutto nelle quantità. Nel senso che la crisi ha operato come una sorta di selezione naturale delle imprese, premiando quelle più efficienti oppure quelle che hanno imboccato la strada della qualificazione del prodotto e del servizio erogato. Diversamente, le imprese che si sono posizionate nei settori meno efficienti e meno qualificati non avranno vita lunga. Infatti, o hanno già chiuso, oppure sono destinate a non sopravvivere a lungo. Quindi la prospettiva anche per le piccole imprese è questa: maggiore efficienza interna e soprattutto migliore qualità dei prodotti e dei servizi. Un esempio è lo stesso settore dell’edilizia che nel tempo ha messo le imprese di fronte alla necessità di costruire con efficienza energetica.

Quali politiche sarebbero necessarie per sostenere la capacità delle PMI?
Ci sono necessità differenti a seconda dei comparti produttivi, in alcuni casi il decisore pubblico può arrivare fino ad un certo punto, poi entra in gioco la capacità imprenditoriale del singolo. Ad esempio, parlando del cosiddetto Made in Italy, credo che non possa essere il decisore pubblico a imporre per legge come le PMI debbano specializzarsi, ma che debbano essere le imprese a perfezionare le loro produzioni Made in Italy puntando alla qualificazione dei titolari, degli operatori e degli addetti. Ci sono, al contrario, altri comparti imprenditoriali che abbisognano fondamentalmente di decisioni istituzionali: ad esempio l’edilizia, come anche il settore dell’impiantistica, dell’autoriparazione ed anche dei servizi, diciamo tradizionali. Settori in cui l’istituzione gioca un ruolo strategico. Parliamo di politiche attive da portare avanti con un piano sistematico, come le politiche per l’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo. Si è visto che le PMI – che contribuiscono al 50% dell’export italiano soprattutto nei settori del Made in Italy – hanno grande capacità di realizzazione sui mercati esteri. Eppure servono idee, scelte e politiche per accompagnare queste imprese a raggiungere la formazione adeguata e la strumentazione per sopravvivere nel mercato estero, ed anche politiche promozionali per rafforzare il consenso del prodotto concepito come Made in Italy. Inoltre, il sostegno alle nascenti imprese, che rappresentano anche una sorta di ricambio generazionale naturale nel sistema produttivo. Questo è quello che CNA sta chiedendo. Un esempio di politiche attive è l’azione interregionale portata avanti da CNA Veneto per favorire le nostre imprese nell’accesso al credito: l’istituzione di un Consorzio fidi sviluppo artigiano, che è il risultato dalla fusione di 14 cooperative provinciali di categoria, 6 venete e 8 lombarde.

I rapporti con le istituzioni…
I rapporti sono intensi e continui. CNA Veneto si sta battendo perché la Regione affronti con maggiore coraggio anche le sfide che vengono dalla crisi, affrontandole in un rapporto di aperta collaborazione, non selettiva, con le associazioni che rappresentano le imprese. Non sempre accade e a volte prevalgono rapporti di esclusività, ovvero il famoso “ci pensa il pubblico a risolvere i problemi”, senza cercare l’intervento e la collaborazione delle associazioni.

Come si stanno muovendo le Istituzioni italiane in Europa?
Sono quanto mai necessarie: nei confronti dell’Europa, il giocare da soli è da escludere perché l’Europa ha un metro di lavoro e giudizio che non può non far riferimento che agli Stati e alle politiche nazionali. In questo senso, un ruolo determinante dovrebbe essere svolto dalle stesse Regioni. E, come imprese, il nostro rapporto con l’Europa è giocoforza mediato. Stiamo ragionando adesso del POR – Progetto Regionale sulla Programmazione Europea 2014-2020. È chiaro che in questo caso prima deve esserci stata una contrattazione a livello di Stati, nell’individuazione degli obiettivi e nella ripartizione delle risorse. Poi una volta raggiunto l’accordo, agli Stati spetta il compito di distribuire le risorse alle varie realtà regionali. E solo alla fine intervengono le imprese.

Qualche dato su CNA Veneto…
Noi abbiamo circa 20mila imprese di cui circa 15mila sono imprese artigiane, 5mila sono imprese commerciali e piccole industriali presenti in tutti i settori.
L’innovazione come leva per il rilancio: è reale?
L’innovazione è un elemento fondamentale: la sfida si vince sull’efficientamento delle imprese. In Italia, e nel Veneto, esiste un problema di innovazione nei macchinari ed anche nelle conoscenze (che riguarda ciò che di nuovo viene prodotto nei processi produttivi). E quindi la necessità di un’intensificazione del rapporto tra le piccole imprese, le loro associazioni e il mondo della ricerca (università, centri di ricerca e centri tecnologici) è impellente. Una cosa su cui insisto molto: soprattutto le piccole imprese devono comprendere – e su questo CNA sta lavorando assiduamente – che le nuove sfide sui nuovi mercati, sull’efficientamento si vincono solo se ci si aggrega. Quindi, lo sforzo che siamo chiamati a fare è quello di individuare là dove è possibile reti, consorzi, aggregazioni, etc. Queste reti devono essere promosse dalle stesse associazioni come veicolo fondamentale per l’impulso alla crescita, poi entrano in campo le imprese che devono capire il valore di questa scelta, assumerne la responsabilità e attivarsi in tal senso. Ma l’impulso iniziale, il ruolo propositivo, non può che venire dalle associazioni.

CNA ha portato avanti progetti particolari per quanto riguarda l’innovazione tecnologica?
Certamente, diversi negli anni. Ad esempio uno con la Facoltà di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e un altro con Ingegneria di Padova. Un progetto è stato sostanzialmente quello di una mappatura delle imprese soprattutto del settore manifatturiero per comprendere la tipologia dei processi produttivi e i bisogni di innovazione che venivano manifestati dalle imprese. Sulla base di questa mappatura stiamo adesso ragionando sulla opportunità e possibilità di realizzare processi aggregativi.
Per aiutare i nostri consociati a capire l’importanza dell’innovazione e quale innovazione attuare, analizziamo i processi produttivi delle singole imprese, in modo tale da promuovere processi aggregativi tra imprese che hanno esigenze similari. Ad esempio nell’impresa della metalmeccanica, che riguarda diversi prodotti, provando a individuare le varie filiere produttive e similari cerchiamo di mettere assieme aziende che presentano problemi comuni e che cercano e possono trovare soluzioni ai loro problemi mettendosi in rete. Questo passo è fondamentale anche per risolvere i problemi di formazione, di ricerca tecnologica, oppure anche per le problematicità di investimenti.

C’è qualche eccellenza sul nostro territorio?
Sicuramente eccellenze ne abbiamo nel settore agroalimentare e in alcuni settori della produzione metalmeccanica, soprattutto quelli rivolti all’estero. Poi c’è il settore dell’abbigliamento: eccellenza si vede soprattutto in quelle imprese che hanno saputo inventarsi un prodotto finito per conto proprio e che hanno saputo investire nell’innovazione di prodotto. Queste hanno spazio di mercato.

I giovani: come state cercando di coinvolgerli e sostenerli?
Oggi inventarsi imprenditori è un’operazione ben diversa rispetto gli anni passati: mentre prima l’impresa di un giovane poteva nascere sulla base di un’esperienza professionale acquisita anche alle dipendenze di un’altra impresa, in cui il titolare riversava i contenuti della propria esperienza lavorativa; oggi per un giovane è assolutamente imprescindibile una formazione professionale e scolastica specifica e altamente qualificata.