Il futuro ci aspetta
L’idea che la coltivazione e la trasmissione del sapere richiedano uomini e luoghi espressamente dedicati a queste finalità è presente fin dall’antichità e rappresenta uno dei fattori determinanti per la nascita e lo sviluppo della civiltà umana. Eppure l’università è creazione del tutto originale: caratterizzata da un’organizzazione istituzionalizzata, articolata in distinte aree disciplinari, aperta a studenti di eterogenea provenienza ed estrazione sociale e finalizzata all’ottenimento di un titolo riconosciuto al di là dei confini locali.
Fin dall’antichità sono esistite istituzioni di educazione superiore come l’Accademia platonica, vari simposi culturali e scuole di insegnamento superiore di diritto organizzate secondo cicli di studio prestabiliti in epoca romana. In seguito la Chiesa, che raggiunse una grande egemonia intellettuale, spirituale e culturale nel mondo occidentale, si rese tramite del trasferimento del sapere grazie anche al lavoro di riscoperta della cultura classica del mondo antico. Nel XII secolo l’importanza delle cattedrali come centro pulsante della vita religiosa di ogni città divenne massima, nel contempo le scuole annesse alle cattedrali ebbero analogo impulso, divenendo tanto importanti da vivere di vita autonoma. Così nacquero le prime università in Europa: Salerno, Bologna e Parigi, famose per gli studi rispettivamente di Medicina, Diritto e Teologia. Dopo Bologna, dalla secessione di alcuni insegnanti, venne fondata Padova.
Le università di questo periodo segnarono una svolta decisiva nel campo della diffusione della cultura, che cessò di essere riservata quasi esclusivamente agli ecclesiastici e cominciò a diffondersi anche presso i laici. Formate inizialmente da professori e studenti riuniti insieme in una specie di associazione o corporazione, detta per l’appunto universitas, funzionarono ben presto sulla base di quattro ordini di studio diversi o facoltà: le Arti (lettere e scienze), la Teologia, il Diritto e la Medicina. In seguito, durante il XIV secolo, gli atenei entrarono nell’orbita dei poteri pubblici e si snaturarono. L’università divenne, difatti, un’istituzione al servizio del potere, e ciò influì sotto ogni profilo, dato che all’idea di studio e di ricerca si andava sostituendo quella della formazione professionale. A partire dal XVI secolo, lo spirito universitario originario si allenta: con i riformisti tedeschi ed Enrico VIII le università diventano sempre più a carattere nazionalistico. In questo manifesto mutamento va constatato il primato che durante il Rinascimento l’università italiana riuscì a raggiungere a livello europeo. Ciò non toglie comunque che, rispetto all’età medioevale, le principali università italiane, con gran parte dell’autonomia persero anche il proprio ruolo di centri di rinnovamento intellettuale. L’università non fu più all’avanguardia nel progresso culturale. I grandi cambi politici e culturali avvenuti nell’Europa del XVIII secolo causarono effetti sensibili anche sulla concezione dell’università e sull’ordinamento degli studi: il rapido sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica cambiò anche la specializzazione degli studi nelle università. In seguito gli indirizzi furono sempre più di carattere empirico, governati comunque da una nuova stagione di ricerca.
Oggigiorno le università operano in un contesto sempre più globalizzato e in persistente evoluzione, caratterizzato da una concorrenza crescente per attirare e conservare i talenti migliori, e dal delinearsi di nuovi bisogni nella società, ai quali va data una risposta. In generale si assiste ad una riduzione di strumenti e mezzi finanziari. Da qui la necessità degli atenei di trovare quelle soluzioni per restare competitivi sul mercato. Infine, anche in questo periodo di difficoltà si ravvisa quasi universalmente la necessità di avere comunque almeno un ristretto vertice di istituti eccellenti, capaci e dedicate anche alla ricerca, oltre che ad una formazione di qualità.