Il fascino dei fondali marini tra fauna, flora e relitti
L’esplorazione dei fondali marini alla ricerca della fauna e della flora ma soprattutto di una storia passata affondata tanti anni or sono e riportata a galla da tanti appassionati sub. Bruno Galli spiega come la maggior parte delle scoperte siano casuali, ma per arrivarci è necessaria una formazione teorico/pratica importante.
In questo numero il tema è l’esplorazione e lo sport subacqueo ha questa caratteristica nel suo DNA. Come vive il rapporto con questo aspetto?
L’ambiente sottomarino ha una diversità che ti permette l’esplorazione in tre direzioni e questo arricchisce di molto le possibilità di fare e ammirare aspetti nuovi. Sì, certo, ci sono le bombole dell’aria che possono essere d’intralcio per vivere a pieno questo ambiente, ma ci si abitua e diventano un’estensione del proprio corpo. Nulla tolgono al senso di libertà, di silenzio e di meraviglia che si prova quando si è in immersione.
Ci racconta alcune scoperte interessanti?
Sono state fatte scoperte a vari livelli. Abbiamo ritrovato relitti di valore archeologico, navi romane, palafitte nei laghi del Varesotto. Come anche navi affondate più recenti. I nostri mari sono molto ricchi e questi rinvenimenti sono sempre stati casuali. Mi viene in mente la nave romana scoperta nel porto dell’isola del Giglio, in Toscana, dove purtroppo per mancanza di fondi, non è stato possibile continuare i rilievi da parte della Soprintendenza. Oppure varie scoperte fatte nella zona di Gioiosa Ionica, qui abbiamo trovato parecchi relitti appartenenti all’ultima guerra mondiale, come i sommergibili. La Sardegna è un’altra zona molto ricca in questo senso. Con le nuove tecnologie e con l’introduzione dell’uso delle miscele e dei rebreather (apparecchio a circuito chiuso) si riesce ad andare a maggiori profondità, e questo ha permesso anche di esplorare relitti che non avremmo mai potuto scoprire qualche anno fa. Oltre l’aspetto di ciò che il mare ha inghiottito, c’è tutta la parte della flora e fauna, molto diverse da mare a mare e proprio per questo una più bella dell’altra. Ognuna ha la sua particolarità e il suo fascino.
Quali caratteristiche deve avere un sub per diventare tale?
Se pensiamo a quando questo sport ha iniziato la sua divulgazione, avrei detto che si cercava nell’aspirante sub prestanza fisica e una certa dose di coraggio. Poi con il miglioramento della didattica e della tecnologia questo sport non è più considerato pericoloso, per intenderci ha lo stesso rischio che può avere il bowling. Pertanto oggi non sono necessarie doti particolari. I corsi solitamente iniziano dai 9 anni in su e possono proseguire fino a ottant’anni e oltre. Un esempio è stato Raimondo Bucher (un pioniere della subacquea) che a 90 anni faceva ancora immersioni a grandi profondità. Serve però tanta passione, quella sì, e un’adeguata preparazione teorica e pratica indispensabile per una buona e piacevole performance in immersione.
Qual è il percorso per diventare sub?
Serve un’organizzazione didattica seria. I livelli da superare sono tre e dipendono dalla profondità: si parte dai 20 metri, a seguire 30 e 40. Dopo ogni livello si prevede un certo numero di immersioni che danno accesso ai livelli superiori. Questo è quello che riguarda la nostra organizzazione, ma sono percorsi condivisi dalla maggior parte delle organizzazioni didattiche. Ci sono degli standard da seguire nella didattica ed è buona prassi prima di fare un corso conoscerli per verificare se durante il corso vengono effettivamente messi in pratica. Ci sono organizzazioni didattiche che seguono degli standard stabiliti autonomamente e altre che invece sono certificate da enti preposti i quali verificano ogni 5 anni la loro conformità agli standard internazionali UNI-EN-ISO; FIAS è certificata EUF-ISO tramite l’ente certificatore austriaco. Esistono poi degli standard stabiliti dalla Confederazione Mondiale dell’Attività Subacquea, che garantiscono anch’essi una preparazione adeguata. Proprio perché esistono queste norme sarebbe opportuno verificare che l’istruttore le segua durante l’iter formativo. Pertanto consiglio a chi si accinge a frequentare un corso subacqueo, di verificare se l’istruttore è qualificato e accertarsi della corrispondenza del metodo con le norme generali.
Il mare può essere affascinante e pericoloso nello stesso tempo, ci sono stati degli episodi in cui avete rischiato la vita?
Come dicevo l’attività subacquea non è più considerata pericolosa, e questo lo dicono anche i bassi numeri di incidenti che avvengono in acqua. Certo ci sono dei rischi, ma nulla che non possa essere affrontato con un’adeguata preparazione. La maggior parte degli incidenti avvengono per l’errore umano. Ovviamente più andiamo in profondità e più accorgimenti dobbiamo prendere, come potenziare l’allenamento con la preparazione psico-fisica e curare particolarmente l’assistenza in superficie. Posso dire di aver assistito a incidenti mancati come quando un collega è stato costretto a risalire troppo in fretta perché vittima di un piccolo malore. Poi non mancano gli incidenti in superficie perché si è troppo lontani dall’imbarcazione, oppure perché investiti da una imbarcazione che non ha visto il segnale del sub. L’anno scorso c’è stato il caso dei tre sub deceduti perché l’aria delle bombole non era a norma e questo perché la struttura a cui si erano rivolti non aveva attuato le più elementari norme nella ricarica delle bombole. Questi sono tutti incidenti che hanno purtroppo moltiplicato l’attenzione dei media e delle autorità marittime che di conseguenza introducono controlli, verifiche e divieti a volte eccessivi. In molti casi, i diving prima dell’uscita devono inviare un fax o una mail alla Capitaneria di Porto con generalità della guida, nome cognome dei subacquei, mansione, tipo di brevetto, il luogo dell’immersione, l’ora. Quando si finisce bisogna telefonare in Capitaneria per dire che si è rientrati. Non si capisce quale utilità possa avere tutto ciò. Mi chiedo perché chi fa le escursioni in montagna non è tenuto ad alcuna pratica burocratica, mentre chi va in mare deve seguire queste regole. Alla fine non portano nessun vantaggio ai fini della sicurezza in acqua. Questo è davvero incomprensibile.
Come le città anche i fondali marini avranno una loro diversa bellezza. Quale, secondo Lei, è da esplorare assolutamente?
Ho fatto moltissime immersioni, consideri che ho iniziato 40 anni fa circa, ho esplorato mari tropicali, il Mediterraneo ma anche molti laghi. Per me il Mediterraneo è ancora uno dei mari migliori, non ha magari una flora lussureggiante come quella dei mari tropicali, però c’è il fascino della storia e l’incognita di cosa puoi scoprire ad ogni immersione. Tra i vari fondali ho trovato molto affascinanti quelli della Liguria (il parco di Portofino, Alassio, Imperia, le Cinque Terre) o la Toscana e la Campania (Ischia). Hanno delle particolarità molto diverse fra loro. A Marina di Camerota e al Giglio sono particolarmente affezionato perché sono posti che ho vissuto di più. Sono da evidenziare anche Palinuro, Tremiti, la Sardegna tutta, bellezze uniche. A dire la verità è molto difficile fare una scelta, perché sono posti che ti seducono tutti in modo diverso.
Qual è la cosa che l’ha emozionata di più?
Beh ho avuto un incontro ravvicinato con lo squalo balena in Madagascar, è un animale innocuo, la sua maestosità di 6-7 metri di lunghezza ti lascia senza fiato. La cosa ancora più incredibile è che si fa avvicinare e fotografare. Provo sempre grande emozione anche nello scoprire ed esplorare relitti, caverne e pareti, insomma l’emozione più grande è stare sott’acqua, comunque.