GRUPPO CAROLLO: SGUARDO ALL’ESTERO CON LA QUALITÀ ITALIANA
“Ad oggi non abbiamo ancora internazionalizzato. Ci stiamo pensando per crescere e per riuscire ad espandere il nostro mercato, dal momento che quello interno ha margini sempre più esigui”, a spiegarci cosa significa oggi essere PMI in Italia, Bruno Carollo, titolare del Gruppo Carollo Serramenti.
La Sua azienda ha mai pensato di internazionalizzare?
In passato non ci abbiamo mai pensato seriamente e analiticamente. Ora stiamo cercando di capire come può essere avviato il processo di internazionalizzazione per un’azienda come la nostra. Non siamo soli: ci stiamo muovendo attraverso il supporto di alcune associazioni di categoria a cui siamo associate, come Confartigianato o Unindustria Treviso, che all’interno ha istituito un settore dedicato ai processi aziendali di internazionalizzazione. Bisogna, innanzitutto, comprendere quali siano i canali migliori per arrivare al mercato oltreconfine: come contattare aziende specializzate e probabili partner stranieri che possano sostenerci nel passaggio. Ovviamente un primo passo sono ricerche anche di marketing per capire come possiamo posizionarci su un mercato internazionale.
Perché ora questa scelta?
La scelta è stata fatta ora non a caso, arrivando dopo un iter di consapevolezza: non si può improvvisare altrimenti i danni rischiano di essere maggiori dei benefici. Inoltre, fino ad alcuni anni fa il mercato interno tirava ancora con sufficienza e permetteva marginalità, ora diventate sempre più esigue. Inoltre, come azienda l’obiettivo è quello di crescere e migliorare i nostri numeri in termini di fatturato e clienti. L’obiettivo è quello di individuare una nicchia di mercato legata al made in Italy che ricerchi prodotti, anche per quanto riguarda il nostro settore, certificati e specializzati. In questi anni ci siamo caratterizzati per prodotti di elevata qualità e prestazione, che speriamo di poter esportare anche all’estero. Altro lavoro che stiamo facendo è quello di rafforzare e implementare la rete di aziende partner per poter vedere di accedere all’estero insieme e non come singola azienda. Questo per avere maggiore forza e magari fare sinergie e economie di scala, offrendo pacchetti completi di prodotti.
Quali le maggiori difficoltà per avviare un processo del genere? E quali le complessità nel restare sul mercato in questo periodo storico?
Una delle difficoltà maggiori che abbiamo riscontrato è quella della mancanza di una struttura interna all’azienda che possa interfacciarsi adeguatamente con il mercato estero, in grado di individuare gli andamenti di mercato ed intercettare clienti e prospect, gusti e tendenze di Paesi oltreconfine nazionale. Servono per l’appunto delle risorse che si devono dedicare completamente a questo processo: al momento non ne abbiamo. Inoltre, nel nostro lavoro tutto dipende da commesse, non esiste catalogo e quindi si necessità di personale che possa gestire la fase progettuale e di montaggio a distanza. Per quanto riguarda il mercato interno le marginalità sono sempre più ridotte e rendono difficili gli investimenti aziendali. Inoltre, la difficoltà di riscossione dei pagamenti da parte dei clienti comporta ulteriori oneri dal punto di vista finanziario che vanno ad aggiungersi alle altre difficoltà.
Le politiche nazionali sostengono le aziende che vogliono internazionalizzare? Quali azioni sarebbero opportune?
Un’azienda che vuole internazionalizzare deve prima di tutto contare su se stessa e deve trovare internamente le risorse e le energie per iniziare un iter non semplice. Sicuramente le politiche nazionali potrebbero essere più vicine soprattutto alle PMI cercando di snellire tutto l’apparato burocratico e magari avviare un processo di uniformarzione delle normative e delle certificazioni. Ad oggi esistono delle certificazioni che in Italia non sono valide, mentre sono state accettate universalmente nel resto d’Europa. Questo porta ad un aggravio di tempi e costi.
Ci può dare qualche dato sull’azienda e sul suo andamento sul mercato?
Noi siamo due aziende che fanno a capo agli stessi titolari: la Carollo Serramenti con 16 dipendenti e la Carollo Tecnometal con 7 dipendenti. Sono realtà unite, anche se la prima è indirizzata al settore abitativo privato, la seconda alle costruzioni industriali. Il gruppo ha un fatturato di circa 3,5 milioni di euro all’anno.
Pensa che lo sviluppo della globalizzazione per le imprese a capitalismo familiare comporti necessariamente un obbligo alla quotazione in Borsa, prima o poi?
Noi siamo un’impresa a conduzione familiare e ad oggi non abbiamo mai pensato che la quotazione in borsa sia un passaggio fondamentale per crescere. Siamo ancora alla prima generazione di gestione, e stiamo formando la seconda generazione in modo tale che possa subentrare a noi in futuro.
Qual è la Sua strategia di sviluppo?
La nostra attività è specifica ed è realizzata quasi tutto su commessa, quindi previsioni a lungo termine sono difficili. La programmazione è continuativa.
Quali sono le tecnologie necessarie per sopravvivere sul mercato nazionale o internazionale?
Le tecnologie sono sempre più importanti in ogni ambito professionale. Noi abbiamo elaborato un programma interno per gestire le diverse complessità aziendali. Stiamo investendo in macchinari e impianti tecnologici di elevata prestazione per permettere di portare avanti lavori che prima esternalizzavamo per necessità. Non abbiamo un vero IT manager, ma c’è una persona dedicata all’ambito.
Qual è il segreto per crescere?
Noi puntiamo ad elevare la qualità dei nostri prodotti: quindi non grandi numeri e produzioni di massa, quanto piuttosto piccoli lotti dove concentrare l’attenzione ai dettagli e alle rifiniture.