FILIPPO TORTU – Sempre più veloce

FILIPPO TORTU – Sempre più veloce

Il recordman italiano sui 100 metri che ha battuto il primato di Mennea

Vent’anni, studente di Economia, nato a Milano ma con radici ben piantate in Sardegna. Segni particolari: italiano più veloce di sempre. Si potrebbe riassumere così l’identikit di Filippo Tortu, con semplicità. La stessa che lo caratterizza mentre racconta, e si racconta, tra allenamenti, piste d’atletica, record ed esami universitari. Dal padre allenatore all’ammirazione per Berruti, fino al record di Mennea, tutti i passi di una rincorsa che lo ha portato ad abbattere il muro dei 10 secondi sui 100 metri. Primo italiano di sempre, con il suo 9’’99, Filippo detiene il terzo crono all-time fatto segnare da un uomo bianco. Un ragazzo normale dagli obiettivi fenomenali, inseguiti con costante attenzione al dettaglio e un’idea fissa: correre sempre più veloce.

Nato a Milano, ma con cittadinanza onoraria di Tempio Pausania da poco: raccontaci della tua doppia anima
Sì è vero, sono nato a Milano ma mi sono sempre sentito un po’ più sardo. Forse la lontananza ha fatto sì che provassi un legame molto forte con le mie radici. Naturalmente, sono cresciuto e vivo in Brianza e sento molto l’appartenenza a questo territorio, che poi è quello di mia madre e della sua famiglia, ma l’affetto che ho trovato in Sardegna è qualcosa di indescrivibile.

Proprio le radici sarde hanno giocato per la tua vita atletica un ruolo fondamentale: parliamo di tuo padre, che è anche il tuo allenatore.
È la mia fortuna. Mio padre è molto bravo come tecnico e soprattutto come stratega. Da anni organizza la mia preparazione atletica studiando ogni minimo particolare e senza sbagliare mai un colpo. Come ho detto più volte, tutti i risultati che ho ottenuto sono certamente arrivati grazie al mio lavoro, ma non ce l’avrei mai fatta senza di lui. Mio padre è stato un atleta e conosce molto bene questo sport. Inoltre siamo stati sempre bravi a separare le due figure, il rapporto genitore/figlio da quello allenatore/atleta. Senza contare quanto la fiducia in chi ti guida sia importante per ottenere risultati. E in questo senso sono stato davvero fortunato.

39 anni dopo Pietro Mennea sei stato il primo italiano a superare il muro dei 10” nei 100m: cosa significa questo per te?
Era un sogno che avevo sin da bambino. Un sogno ma anche un obiettivo di quest’anno: finché non l’ho letto sul tabellone non ci credevo. Le precedenti prestazioni mi avevano avvicinato, è vero, però fin quando non lo vedi scritto non te ne rendi conto. Madrid rimarrà per sempre un’emozione straordinaria; Mennea, invece, rimane inavvicinabile: sognavo il record sì, ma non ho mai pensato di poterlo battere. È stato un esempio unico di tenacia in pista e nello studio, una vera e propria icona sportiva e un riferimento a livello umano. Anche se, per il mio modo di correre, ho sempre guardato a Berruti, a dire la verità.

Quali sono i principi che stanno alla base di una preparazione tecnica vincente?
Questa è una domanda alla quale risponderebbe meglio mio padre… Al di là degli aspetti puramente tecnici e di preparazione fisica, penso che innanzi tutto ci sia bisogno di costanza. Soprattutto per un velocista, è fondamentale non mollare mai durante tutto l’anno, attaccarsi ad ogni singolo secondo di allenamento e dare il meglio. Poi credo che non debbano mai mancare la voglia e il piacere di fare quello che si fa, altrimenti sarebbe impossibile fare risultati. Non a questo livello. Infine ritengo assolutamente indispensabile fidarsi del proprio allenatore. Ma in questo senso parto avvantaggiato!

Rispetto ai tuoi coetanei, come sono organizzate le tue giornate?
In realtà non penso siano molto diverse. Certo, devo fare qualche rinuncia e sacrificio in più, ma tutto sommato sono giornate impegnative, non tanto diverse da quelle dei miei coetanei. Se non mi alleno la mattina mi alzo con calma, faccio colazione, studio un po’ e poi vado all’allenamento del pomeriggio. Altre volte, invece, è il contrario, con la sveglia un po’ prima, la colazione e l’allenamento di mattina, mentre il pomeriggio mi dedico ai libri. Faccio Economia alla Luiss grazie a una borsa di studio intitolata proprio a Mennea, che mi permette di studiare da casa e andare a Roma solo per gli esami. Devo dire che sono molto contento di aver scelto di continuare a studiare, perché è una di quelle cose che volevo proseguire, nonostante gli impegni sportivi.

Quindi cosa vuoi fare da grande?
Da grande non lo so. Adesso voglio correre sempre più veloce (ride).

La convocazione alla Continental Cup è molto prestigiosa. Quanto ti è pesato dover rinunciare?
Mi è costato molto dire di no perché è una grandissima competizione, ma il problema muscolare patito a Berlino non mi ha permesso di partecipare. È stata una decisione difficile: dopo aver parlato con mio padre, gli altri tecnici federali e i medici, abbiamo capito che era la cosa più giusta da fare.

Qual è il momento della tua carriera che ricordi con più emozione?
Sicuramente l’urlo dello Stadio Olimpico di Roma quando lo speaker ha annunciato il mio nome al Golden Gala. È stata una cosa inaspettata che mi ha caricato come poche nella mia carriera. E poi, naturalmente, quando ho letto sul tabellone di Madrid che avevo fatto il record. Un altro momento molto intenso è stato anche quello della consegna della cittadinanza onoraria di Tempio Pausania.

Numeri e dettagli hanno dimostrato di avere un valore aggiunto nella tua carriera: la tecnologia è un elemento di supporto in questo?
Sicuramente è una componente imprescindibile ormai. Si lavora sui centesimi di secondo e gli strumenti tecnologici rappresentano un aiuto fondamentale. Ad esempio noi riprendiamo le immagini degli allenamenti con fotocamere in grado di catturare ogni singolo movimento, per poi riguardarle e analizzarle al rallenty nel minimo dettaglio. Utilizziamo anche le fotocellule per rilevare i tempi al centesimo di secondo. Sono cose che ormai fanno la differenza, perché ti permettono di lavorare con precisione massima su ogni singolo aspetto della performance e quindi di provare a migliorarla sempre un po’ di più.