Ferdinando Ametrano e Franco Cimatti – Facciamo chiarezza su Blockchain e Bitcoin
L’esperienza di chi vive in questo mondo: il direttore del Digital Gold Institute e il presidente della Bitcoin Foundation Italia.
Il mondo della criptomoneta è accerchiato da un alone di scetticismo dovuto perlopiù alla complessità di comprensione del suo funzionamento. Si enfatizza tanto l’aspetto sicurezza, ma, secondo il professor Ametrano, il Bitcoin da quando è nato (nove anni fa) ha dimostrato una robustezza tecnologica impressionante. E, come dice Cimatti, si è dimostrato un mercato più sicuro e longevo rispetto alla concorrenza. Quello che spaventa è la fine del monopolio governativo sulla moneta, per la competizione di mercato tra monete a corso legale e monete private, che porterà ad un cambio radicale della società nel prossimo futuro.
Professor Ametrano, qual è il rapporto tra Blockchain e Bitcoin?
Col termine “Blockchain” si indica solitamente la tecnologia che sta dietro Bitcoin, sebbene sia solo un componente di questa tecnologia: il registro distribuito delle transazioni di questa moneta. È una catena di blocchi, dove ogni blocco è come se fosse il foglio di un registro contabile che traccia le transazioni avvenute.
Le transazioni con criptomoneta sono garantite dalla Blockchain. Ma chi esercita il controllo su questa catena?
Ogni transazione è validata da tutti i nodi della rete, ma la sua finalizzazione avviene quando entra in un blocco: le transazioni sono infatti accorpate in blocchi concatenati sequenzialmente. Ciascuno di questi può essere creato da qualsiasi nodo (in questo caso chiamato nodo di mining o miner), a patto che fornisca la proof-of-work prevista dal protocollo, cioè la prova di aver effettuato il lavoro computazionale necessario. È l’accumularsi di queste attività che rende sicura la Blockchain: un agente malevolo che volesse manipolarla dovrebbe essere in grado di fare più lavoro dell’insieme di tutti i miner onesti.
Cosa motiva i miner a svolgere questo lavoro computazionale?
Un incentivo economico: il nodo che crea un blocco è ricompensato con l’emissione di nuovi Bitcoin, attraverso una transazione speciale inclusa nello stesso blocco. Il protocollo Bitcoin socializza la rendita di signoraggio (la ricchezza che origina dalla creazione di moneta) per coprire i costi del network. Questa remunerazione è cruciale per incentivare il comportamento onesto dei miner: se un blocco contenesse transazioni invalide, o transazioni “valide” che tentano però di spendere due volte gli stessi Bitcoin, verrebbe rigettato dagli altri nodi come invalido, con l’effetto di annullare anche la ricompensa del miner contenuta nel blocco. Si innesca quindi un circolo virtuoso: i miner competono per la ricompensa di signoraggio ed investono in potenza computazionale; maggiore potenza computazionale rende il network più sicuro; maggiore sicurezza fa crescere il valore di Bitcoin; la remunerazione di signoraggio diventa quindi ancora più appetibile per i miner.
Chi lo usa lamenta che le transazioni in Bitcoin non sono più gratuite: perché?
Non lo sono mai state, ma oggi come in passato hanno di solito un costo talmente basso da essere trascurabile. C’è stato un periodo a fine 2017 in cui il costo è salito moltissimo perché la rete era intasata, fondamentalmente da transazioni fittizie che attaccavano il network. Ma è indubbio che, andando avanti, transare sulla rete più sicura al mondo avrà un costo sempre maggiore.
Ma questa non è la fine della moneta Bitcoin?
Bitcoin, più che una moneta, è l’equivalente digitale dell’oro. È infatti un bene digitale trasferibile, ma non duplicabile ed è scarso, limitato a 21 milioni. L’emergere della scarsità in ambito digitale suggerisce il paragone con l’oro fisico: Bitcoin si candida infatti ad essere l’equivalente digitale. Per questo acquisisce valore e permette interazioni economiche. Ovviamente, alla stregua dell’oro qualche secolo fa, può essere usato come moneta nelle transazioni, ma è piuttosto un bene rifugio.
Quale sarà l’impatto di questo scenario sulle banche e sulle aziende?
Se consideriamo il ruolo dell’oro nella storia della civilizzazione, della moneta e della finanza, possiamo intuire che l’emergere del suo equivalente digitale, “liquido” come la musica ed i film che consumiamo oggi, potrà essere dirompente nell’attuale civilizzazione digitale e nel futuro della moneta e della finanza. Diventa possibile trasferire ricchezza senza intermediari, potranno nascere monete private che useranno Bitcoin come riserva “aurea”.
Nonostante tutto c’è ancora molto scetticismo attorno alle criptovalute e la loro tecnologia. A spaventare sono i limiti in termini di sicurezza informatica?
Non spaventano i limiti di sicurezza, anzi Bitcoin in questi nove anni ha dimostrato una robustezza tecnologia impressionante ed una straordinaria resilienza a qualsiasi attacco. Tutti gli incidenti di cui si è parlato hanno sempre riguardato borse di scambio dove si comprano e vendono Bitcoin, non Bitcoin in sé. Spaventa piuttosto la fine del monopolio governativo sulla moneta, come profetizzata dal premio Nobel per l’economia Friedrich von Hayek, per la competizione di mercato tra monete a corso legale e monete private.
In realtà Blockchain non significa solo Bitcoin. Quali sono gli altri ambiti applicativi della Blockchain?
Non abbiamo ancora visto alcuna applicazione concreta della chimera nota come “Blockchain senza Bitcoin”. Esiste però la gioielleria dell’oro digitale, cioè un’applicazione non monetaria di Bitcoin: è la cosiddetta “notarizzazione”. Si tratta di una tecnica che usa la Blockchain di Bitcoin per certificare l’esistenza di un documento o di una base dati in un certo momento del tempo. Questa tecnica, che sembra banale, è in realtà molto potente poiché nel futuro il mondo potrebbe “parassitare” la sicurezza di Bitcoin per proteggere tutte le basi dati ed altri sistemi transazionali: ha quindi una applicazione industriale. Se Bitcoin è oro digitale, la notarizzazione è l’equivalente della gioielleria: inessenziale per l’oro, ma efficacissima nel mostrarne la bellezza.
BITCOIN: un mercato sicuro
Presidente Cimatti, come è nata e di cosa si occupa Bitcoin Foundation?
In Italia si è iniziato a parlare molto di Bitcoin durante il 2013-2014. Gli articoli che uscivano sui media o in televisione erano pessimi, pieni di imprecisione o disinformazione. Questo portava un danno sia alla comunità che si stava formando, che alle attività imprenditoriali presenti e in corso di sviluppo. Per questo la comunità italiana di quel tempo si è unita per aprire un’associazione che potesse diventare punto di riferimento e a cui sia comuni cittadini, che giornalisti ed eventualmente istituzioni potessero affidarsi per ottenere informazioni più chiare e corrette.
Quali sono gli obiettivi dell’organizzazione?
Essere un punto di riferimento per tutta la comunità di appassionati di crittovalute presente in Italia. Il nostro supporto è in generale dedicato a tutto l’ambiente, non soltanto al Bitcoin.
Il Bitcoin è la criptovaluta più diffusa, ma non è l’unica sul mercato. Cosa la rende differente dalle altre?
Il codice è stato scritto e si è evoluto dal 2009 ad oggi e quindi su questo aspetto potrebbe essere considerato più sicuro.Il team “attuale” segue una linea più rigida sui possibili aggiornamenti che potrebbero arrivare sul protocollo Bitcoin. Da un lato questo può essere appunto visto come un pregio, perché garantisce una maggiore sicurezza sul suo funzionamento, dall’altro potrebbe invece essere un problema, per una possibile lentezza nel seguire le richieste del mercato, rispetto ai concorrenti.
Per alcuni osservatori si tratta di un’innovazione da rincorrere e se possibile cavalcare, per altri di una bolla molto pericolosa. Nel frattempo nascono ogni giorno nuove criptovalute: quale giudizio darebbe allo scenario di oggi?
Penso che siano in parte vere entrambe le cose. Rimango sicuro che l’innovazione passerà anche da qui, ma siamo ancora all’inizio, la conoscenza in questo ambito è ancora da esplorare e sconosciuta ai più. Questo quindi lascia spazio anche a truffe e progetti che, seppure non sono ben preparati, vengono comunque spesso promossi come validi. Il rischio di investire tempo e soldi in future bolle è quindi molto alto. L’errore che si fa spesso è seguire il consiglio di un amico, perché si pensa che mai un amico potrebbe truffarvi, ma non si considera la possibilità che anche il vostro amico sia stato truffato, e ancora non lo sappia; oppure si seguono consigli di presunte autorità del settore. Si tratta sempre di esseri umani, che possono sbagliare o semplicemente essersi fatti comprare. Questo non esclude ovviamente l’esistenza di progetti validi, ma è importante ricordarsi la difficoltà di trovare qualcosa in questo campo facile da capire e su cui guadagnare, sempre.
Cosa vede nel futuro delle criptovalute?
Penso comunque che avranno un futuro roseo a lungo termine. La decentralizzazione di verifica, fiducia e controllo delle regole porterà ad un ampio proliferare di servizi e prodotti concorrenti fra loro e alternativi a quelli imposti dalle attuali autorità, come ad esempio lo Stato. Ma soprattutto, porterà ad una maggiore e più facile difesa della proprietà privata e anche solo questo potrebbe indurre un cambio radicale della società nel prossimo futuro.