Expo 2015: non solo una bella immagine dell’Italia
Andrea Fumagalli, economista italiano, ci conduce tra i numeri di Expo 2015, per capire quanto le aspettative del grande evento siano state soddisfatte. Sicuramente l’immagine italiana ne esce rinnovata, i numeri forse un po’ meno. Almeno per quanto riguarda i dati emersi fino a luglio 2015.
Cos’è per lei Expo 2015?
Per me Expo 2015 fa parte di quel recente settore di valorizzazione economica che può essere denominato “economia dell’evento”, al fine di favorire un marketing territoriale e mediatico in grado di meglio sfruttare i due nuovi input produttivi che sono alla base dei processi di accumulazione del capitalismo contemporaneo: spazio e conoscenza. In secondo luogo è anche sperimentazione di una nuova regolazione del mercato del lavoro, che si fonda sul concetto di “occupabilità” (employability) e non di “occupazione” effettiva. Per “occupabilità” si intende mettere un individuo nella condizione di poter trovare un’occupazione grazie ad attività di formazione, sperimentazione, apprendistato. Si apre così la strada verso la sperimentazione di lavoro gratuito in nome di aspettative future. Non è un caso che Expo 2015 abbia generato il primo accordo sindacale in cui viene consentito il lavoro non retribuito (accordo del 23 luglio 2013). Da questo punto di vista Expo 2015, oltre a essere parte dell’economia dell’evento, è anche parte dell’economia della promessa. Il tema ufficiale (“nutrire il pianeta”) è pienamente strumentale, anche perché un’esposizione universale aveva senso in tempi pre-internet, quando era l’occasione per fare il punto sullo stato dell’innovazione.
Quali erano le previsioni iniziali su EXPO 2015?
Esistono due studi previsivi. Il primo, commissionato dalla Camera di Commercio (azionista di ExpoSpa) è stato presentato a dicembre 2013 dal Gruppo Class – Università Bocconi. La seguente tabella sintetizza le principali previsioni, valide per il periodo 2011-2020:
Dati in miliardi di euro.
Fonte: www.expo2015.org/cs/Expo/1392223815161/rapporto_di_sostenibilita_2013_expo_2015_ita.pdf, pagg. 76-77.
Il secondo è stato elaborato da CERTeT – Università Bocconi (omnipresente) su richiesta di Expo 2015 S.p.A. (quindi, anche in questo caso, da fonte non neutrale) e ha prodotto i seguenti risultati, decisamente superiori a quelli del primo studio. Si stima che la produzione aggiuntiva complessivamente nell’economia italiana, nel periodo 2011-2020, potrà ammontare a più di 69 miliardi di €, cui corrisponde un incremento di valore aggiunto pari a circa 29 miliardi di €. Dal lato occupazionale si stima che il numero di addetti attivati in modalità diretta, indiretta e indotta sarà pari, nel decennio 2011-2020, a circa 61.000 in media ogni anno (totale periodo: 610.000). Infine, il gettito fiscale dovuto alla produzione totale attivata da EXPO Milano 2015 sarà di circa € 11,5 Miliardi, ripartiti tra imposte dirette (64%) e indirette (36%). In entrambi gli studi, si ipotizza un flusso di visitatori pari a 20 milioni in 6 mesi. I dati sono decisamente sovrastimati. Riguardo al Pil non si tiene conto, infatti, dell’effetto di sostituzione. Banalmente, se un turista viene a Milano non spenderà nella sua città. Sull’occupazione, invece, ci sono dati più precisi. Lo stesso Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo S.p.A., ha dichiarato che saranno 15/16mila le persone impiegate nel sito espositivo tra costruzione dei padiglioni e i sei mesi espositivi. Occorre poi ricordare che circa12.000 posti sono gratuiti. La provincia di Milano ha calcolato che sono 4.500 i posti di lavoro avviati in vista di Expo rispetto ai 61.000 previsti (http://www.linkiesta.it/posti-di-lavoro-creati-da-expo). Studi della Cgil metropolitana dimostrano che dal 2012 a fine ottobre 2014, le assunzioni «per attività finalizzata alla realizzazione di Expo» a Milano e provincia sono state 4.185 da parte di 1.733 aziende. Anche relativamente alla vendita dei biglietti e al flusso turistico, le previsioni sono sovrastimate. L’Ad di Expo S.p.A. ha dichiarato che nei primi due mesi dell’esposizione gli ingressi sono stati 6 milioni (2,7 a maggio e 3,3 a giugno), quindi 2,8 milioni in meno di quanto previsto nei documenti di Expo S.p.A. (8,8 milioni, 4,1 a maggio e 4,7 a giugno), pari al -30%. Per di più si tratta di dati che sembrano gonfiati a guardare invece quelli forniti dal trasporto pubblico, dai parcheggi semideserti e dagli stessi albergatori milanesi (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/07/expo-gonfiate-le-cifre-dei-visitatori-dopo-dati-atm-anche-assessore-del-comune-di-milano-chiede-trasparenza/1851800/).
Expo 2015: A Milano, l’indotto di Expo per maggio è di 21 milioni e 500 mila euro, riferito a chi alloggia almeno una notte in città o in provincia. Lei cosa ne pensa?
Penso che moltiplicando per i sei mesi abbiamo un indotto di 129 milioni di euro, una cifra risibile se paragonata alle stime dell’indotto degli studi prima citati che parlavano di un impatto diretto sul valore aggiunto per il solo periodo di esposizione pari, a livello nazionale, a 14,2 miliardi di euro, di cui la parte più consistente è quella derivante dall’afflusso dei turisti: 8,8 miliardi. Anche se relativo alla sola Milano, che comunque è l’area maggiormente interessata, siamo di fronte a una differenza
molto marcata.
L’effetto Expo produce indotto anche a Venezia (+14,3% di aumento medio di presenze), in Riviera romagnola (+10,5%), nel Salento (+28,3%) e nella Costiera amalfitana (+15%). Quindi non solo Milano, ma anche altre città e regioni stanno registrando dei numeri positivi. Secondo Lei questi numeri* sono sufficienti ad attirare maggiori investitori in Italia?
Sicuramene assistiamo a un aumento del turismo. I motivi sono vari e non tutti legati all’Expo: la recessione economica morde meno e dopo 3-4 anni di sofferenza economica e di segni negativi, qualche segno positivo è auspicabile e possibile. Curioso (e indicativo) il fatto che l’incremento delle presenze sia aumentato maggiormente laddove si è più distanti da Milano (Salento), quasi a dimostrare che l’effetto Expo è relativo, così come è relativo per attirare investitori stranieri. Credo che altri fattori (ad esempio la competenza della forza lavoro unita ai bassi salari e all’estesa precarietà) contino di più.
Quale opportunità rappresenta per un’azienda il grande evento?
L’Expo può essere un vettore di marketing potente soprattutto per le grandi corporations, in particolare quelle alimentari (Nestlè, Monsanto), la cui immagine alcune volte non è delle migliori e che, grazie a Expo, possono in un certo senso rifarsi una “verginità”. Expo inoltre è una vetrina importante di marketing territoriale.
La nostra capacità turistica, dovuta ai numerosi tesori artistici culturali presenti in Italia, non ha mai spinto in modo strutturato il Governo a investire in questo settore, Lei pensa che i dati positivi di EXPO convinceranno chi ci governa ad andare in questa direzione?
Non sappiamo ancora se Expo presenterà un risultato positivo (vedi ultima domanda). A parte ciò, l’intervento nel turismo da parte dello Stato assomiglia un po’ all’intervento nell’istruzione. In entrambi i casi, anche sulla base di un’ideologia dell’austerity dura a morire, qualsiasi intervento è visto come spesa e non come investimento. Nel turismo (come nell’istruzione) si tratta di fare, inoltre, investimenti che danno i suoi frutti a più lungo termine e non immediatamente. E ciò richiede una capacità di programmazione e di flessibilità territoriale che oggi non sono presenti.
Come può essere capitalizzato da un punto di vista economico questo grande evento?
Difficile rispondere, se non impossibile, allo stato attuale dei fatti. L’auspicio è che, oltre ad aver promosso il marchio “Italia”, si possano riutilizzare le infrastrutture per migliorare la struttura produttiva, a secondo dell’uso che ne sarà fatto (che, però, al momento, non è ancora chiaro). La città di Milano ha tratto beneficio per alcune opere compiute: la costruzione della linea 5 della metropolitana, la ristrutturazione di alcuni monumenti e aree (come la galleria Vittorio Emanuele e la darsena), l’inizio dei lavori per la costruzione della linea 4 della metropolitana che dovrebbe collegare il centro della città all’aeroporto di Linate, opera che era progettata per Expo ma poi non realizzata.
Quali sono le esperienze di altri Paesi che in passato hanno ospitato Expo?
La precedente Expo di Shangai pare sia stata più che positiva, mentre quella di Siviglia del 1992, pur contando più di 42 milioni di visitatori secondo i dati del BIE (Bureau International de l’Esposition), si è conclusa con un forte deficit e, tranne per la parte recuperata dall’Università, i padiglioni e le infrastrutture sono per la maggior parte non utilizzati e in degrado (http://www.ctrlmagazine.it/expo-a-siviglia-nel-1992-finito-tutto-in-degrado-e-rovine-archeologiche/).
La diversità dei feedback economici (se c’è) di questi Paesi da cosa dipende maggiormente, secondo Lei?
I differenti feedback trovano una possibile spiegazione sulla base della localizzazione dell’evento. Nei paesi occidentali e a capitalismo cognitivo avanzato, i motivi per ospitare un simile evento sono più di natura di immagine che relativi allo sviluppo tecnologico ed economico. Aspetto che invece è ancora presente nei paesi dell’area Brics, dove l’intervento dello Stato (come in Cina) è in grado di indirizzare l’evento all’interno di una politica industriale e dell’innovazione.
Cosa dobbiamo aspettarci quando tutto sarà finito?
Per quanto riguarda il bilancio economico le premesse non sembrano positive. Gli introiti dei biglietti si profilano inferiori ai preventivi e nulla è ancora deciso per quanto riguarda le aree dell’esposizione. Ricordo che tali aree sono state acquistate con un anno di ritardo dalla società Arexpo S.p.A. al costo di circa 160 milioni di euro, un prezzo ritenuto eccessivo (l’ex Assessore Stefano Boeri ha dichiarato che il prezzo pagato alle grandi immobiliari milanesi per tale acquisto è stato superiore di 10 volte a quello di mercato, se tali aree fossero state considerate terreno agricolo). Una volta rese edificabili, i terreni dovrebbero essere messi in vendita per un valore doppio (320 milioni di euro), ma al momento attuale le aste sono andate deserte ed è improbabile che si riesca a maturare tali plusvalenze. Inoltre, a 4 mesi dalla fine dell’evento, non si sa nulla sulla loro destinazione finale. Vi è l’interessamento dell’Università Statale di Milano per spostare in quell’area tutto il polo scientifico che oggi si trova a città studi. Un progetto che richiede però finanziamenti pubblici e privati di forte entità. Vi è quindi il rischio che Expo S.p.A. (che controlla anche Arexpo S.p.A.) chiuda il bilancio in rosso, con effetti di incremento del debito municipale, regionale e statale. Sul piano dell’attivazione economica, le ricadute occupazionali sono inferiori alle attese, anche se sicuramente ci saranno effetti positivi in termini di startup di nuove imprese.
*fonte: http://www.idealista.it/news/immobiliare/imprese/2015/06/30/116773-expo-2015-quasi-5mila-nuove-imprese-nelle-costruzioni