Colpi di frusta? Fine della storia!
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 235, esclude che i criteri legali di liquidazione del danno biologico contrastino la Costituzione, come era stato presupposto da alcuni contestatori, e stabilisce che il risarcimento risultante dalle tabelle diventa un limite insuperabile del danno non patrimoniale comunque denominato.
In data 16.10.2014 la Corte Costituzionale ha pronunciato la sentenza n. 235, particolarmente importante per quanto riguarda la misura del risarcimento del danno. La Corte Costituzionale pare abbia finalmente messo una pietra tombale su 15 anni di contrasti, dubbi, pretese e controversie, in tema di C.D. “micro permanenti” e cioè per i danni alla salute che abbiano causato invalidità permanente inferiore al 10%. Tanto per intenderci trattasi, per la maggior parte, dei C.D. “colpi di frusta” che, vengono quasi sempre riconosciuti quando si verificano degli incidenti stradali anche se di indubbia modestia come in particolare in caso di leggerissimi tamponamenti.
Tutto parte da una regola prevista dall’art. 139 del Codice delle Assicurazioni che aveva stabilito che chi si fa “poco” male a causa di un sinistro stradale causato da un veicolo soggetto all’obbligo di assicurazione ha diritto al risarcimento del danno biologico nella misura stabilita dalla legge, che il Giudice può aumentare solo del 20%, se speciali circostanze di fatto legate a singolo caso lo impongono. L’applicazione di questa norma porta, all’evidenza, a dei risarcimenti modestissimi: le tabelle, infatti, prevedono una liquidazione estremamente limitata.
Il contenuto di questa norma era stato oggetto di numerosissime contestazioni e, in particolare, era stato ritenuto confliggere con i precetti costituzionali o sovrazionali e, in particolare, con il principio di salvaguardia dei diritti fondamentali (art. 2 Costituzione) con quello della parità di trattamento (art. 3 Costituzione) e con il diritto di difesa (art. 24 Costituzione) e, addirittura, con il principio del giusto processo (art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). Il ragionamento, di fondo, di tutti i “contestatori” di questa norma è che, poichè il diritto alla salute è inviolabile, il risarcimento del danno derivante dalla lesione di esso deve poter essere liquidato tenendo conto di tutte le specificità del caso concreto, perchè altrimenti ristoro non sarebbe integrale e quel diritto fondamentale non potrebbe dirsi protetto.
Ora, finalmente, la Consulta ha avuto la possibilità di decidere in merito della questione: l’ha fatto con una sentenza ineccepibile la quale, non solo – si spera – porrà fine alle fastidiose querimonie di chi è sempre pronto a scomodare la dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo per un ginocchio sbucciato (!), ma detta anche qualche preziosa indicazione per mettere un po’ d’ordine in tema di risarcimento di danno non patrimoniale. Intervento tanto più necessario quanto più la “fantasia” dei danneggiati (e degli Avvocati) aveva sostenuto teorie che, prodenzialmente, si possono definire “bizzarre”!
La Corte Costituzionale ha escluso, nella maniera più assoluta, che l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni contrasti con la Costituzione, con la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo o con i Trattati Istitutivi dell’Unione Europea. Lo ha detto con toni perentori di chi non ammette repliche.
In particolare ha stabilito:
a. l’art. 139 cod. ass. non viola il principio di difesa per la semplice ragione che… non si occupa di esso;
b. l’art. 139 cod. ass. è una norma sul risarcimento del danno, non sull’esercizio delle azioni giudiziarie e non pone alcun limite alla probabilità di quest’ultima;
c. l’art. 139 cod. as. non viola il principio di eguaglianza: le vittime di sinistro stradale, lungi dall’essere discriminate rispetto a chi patisca un danno alla persona per ragioni diverse dalla circolazione dei veicoli, hanno anzi un trattamento privilegiato. Solo esse, infatti, possono contare sulla sicura presenza di un debitore solvibile ed immancabile (l’Assicuratore); nè il principio di uguaglianza è violato perchè l’art. 139 cod. as. permette una “personalizzazione” del risarcimento del danno anche alle vittime di sinistri stradali;
d. l’art. 139 cod. as. non viola il principio di diritti della persona: non impedisce, infatti, il risarcimento di nessuna delle possibili conseguenze non patrimoniali dei danni alla persona, invalidità permanente, invalidità temporanea, personalizzazione del risarcimento nell’ambito della quale rientra anche la sofferenza morale;
e. l’art. 139 cod. as. non esclude il risarcimento della sofferenza morale: il Giudice potrà tener conto della personalizzazione;
f. l’art. 139 non viola alcun precetto costituzionale comunitario perché fissa un termine del 20% alla possibilità di “personalizzazione” del risarcimento. Il principio che integra il risarcimento non ha rilievo costituzionale e non è proibito al legislatore ordinario di fissare un tetto alla responsabilità dei danni quando, come nella fattispecie, tale limite contemperi non irragionevolmente l’interesse del singolo danneggiato con superiori interessi generali (nella specie quello ad un contenuto livello di premi assicurativi). Le conseguenze non sono da poco.
Infatti, in seguito ad un intervento della Consulta in materia di micro permanenti, il valore tabellare e l’eventuale sua maggiorazione fino al 20% copre ogni potenziale pregiudizio: non vi è spazio alcuno per richieste “fuori busta” comunque denominate. Sul punto vi era stata una proliferazione di qualificazione del danno: morale, esistenziale, relazionale, individuale ecc.
La personalizzazione può avvenire solo in seguito ad una rigorosa prova ed il Giudice dovrà valutarla volta per volta. Quindi per quanto riguarda danni veramente modesti (il colpo di frusta ne è l’aspetto più emblematico) vi potranno essere dei risarcimenti estremamente modesti e il danneggiato non avrà nessuna possibilità di richiedere “personalizzazioni” del danno che incidano in misura superiore al 20%. Non si può, peraltro, che apprezzare questa sentenza che pone fine a richieste assolutamente bizzarre fondate su motivazioni del tutto inesistenti.