ANDREA PONTREMOLI – L’innovazione? Costruire ciò che ancora non esiste
di Dora Carapellese
Mobility vuol dire muovere prodotti ma anche conoscenza.
Dj di sera e ingegnere di giorno, Andrea Pontremoli segue le sue passioni e diventa il numero 1 nel suo campo. Il suo modello di business: un sistema aperto che permette di far entrare le competenze e distribuirle. La conoscenza la considera la chiave di volta per la crescita di un’azienda. In questa intervista si racconta con la saggezza della sua esperienza, la stessa che lo ha portato ai vertici di una delle aziende più rinomate nel settore macchine da corsa, Dallara Automobili.
Ci parli un po’ di lei e della sua storia professionale, da tecnico di manutenzione a CEO di IBM, ad amministratore di Dallara Automobili: qual è il valore più grande che ha accompagnato il suo percorso?
Se devo riassumere tutto in un elemento, è sicuramente la passione. Sono stato un grandissimo appassionato di elettronica e informatica, per questo sono entrato in IBM. Da amministratore delegato, ho lasciato tutto per rimettermi in gioco, seguendo la mia passione, anche quella della velocità, delle moto, delle macchine. Sono le mie passioni fin da piccolo, insieme alla musica. Il sabato sera faccio il DJ, ho cominciato a 17 anni. Penso che questa sia la chiave di tutto il percorso, ovviamente sono stato anche molto fortunato, ho incontrato delle grandi
persone, da cui ho imparato tanto, l’ultimo è proprio l’ingegner Dallara. Il messaggio che darei ai giovani è trovare al più presto la loro passione.
Tra le numerose cariche e competenze che le appartengono qual è la sua specialità prediletta?
La voglia e la capacità di costruire il futuro. Anche in IBM abbiamo costruito cose che non c’erano, che all’inizio sembravano delle utopie. Mi ritengo un costruttore di futuro.
Lei ha portato in Dallara l’informatica in maniera preponderante e a lei possiamo chiederlo: in che modo l’innovazione tecnologica può cambiare davvero un’impresa e le sue persone?
L’innovazione tecnologica cambia l’impresa e non si può prescindere da essa. Ma l’innovazione la fanno le persone, quelle che scelgono e che comprano una certa tecnologia. La vera sfida è fare in modo che le persone all’interno di un’azienda possano creare un modello di business con queste tecnologie. Non ho mai visto aziende innovative senza che dietro ci fossero persone che avevano voglia di innovazione.
Da dove nasce secondo lei l’innovazione?
Aprire l’azienda. Il mondo delle corse è un mondo di segreti, non si può dire cosa si fa, ma bisogna restare aperti, vedere cosa fanno gli altri. Anche portare l’informatica in questo settore è stata una sfida.
E oggi qual è la nuova sfida che le si prospetta?
Oggi abbiamo un modello di business in cui il 50% del fatturato viene dalle macchina da corsa, ma la sfida più grande viene dall’altro settore, quello della consulenza. Il mio competitor è il mio stesso cliente, devo fare in modo di essere più bravo di lui perché resti il mio cliente. Devo reinventarmi restando fedele alle mie competenze.
In questo numero di Logyn parliamo di Mobility. Le auto da corsa Dallara metaforicamente rappresentano questo tema, se intese come tecnologia che accorcia le distanze: la Mobility come sta cambiando le aziende italiane e i loro processi?
I processi sono volti a fare efficienza. Mobility vuol dire muovere prodotti ma anche conoscenza. Oggi è più facile spostare conoscenza e spostare cose. In 24 ore posso avere qualunque cosa nel mio ufficio, grazie a internet. Chi riuscirà a usare al meglio queste risorse, riuscirà a crescere. Ma la chiave è il nuovo modello di business che in questo modo viene a crearsi. Con un click si spostano molti oggetti, questo cambia il modo di pensare nell’azienda, che deve sempre più concentrarsi sui propri valori distintivi ma anche restare collegata con tutto il resto del mondo. Le tre competenze che abbiamo come azienda, le stiamo mettendo dentro processi di altre realtà. Il nostro modello si basa sul know-how. Questo sistema distrugge le vendite di posizione, la tecnologia mi dà la possibilità di ridurre incredibilmente la tempistica. Posso dividere il mio processo in tanti pezzi, e concentrarmi su uno.
E quali sono gli ostacoli che le Pmi devono ancora affrontare prima di trarre il meglio dalle trasformazioni in corso?
L’ostacolo più grande, secondo me, è la capacità manageriale. Lo vedo sulla mia pelle. Sono stato in una multinazionale e sono diventato il numero uno perché è stata l’azienda a “costruirmi” affinché lo diventassi. Nella piccola azienda è diverso, sei il più bravo dei venditori e diventi il capo, ma non sei preparato a farlo. Le PMI devono compiere uno sforzo in questa direzione, formando chi deve ricoprire certi ruoli. Io stesso, proprio per aiutare le aziende che lavorano con noi, sono direttore di un master post-universitario in Innovation and Technology, volto a preparare i manager di oggi a gestire la nuova tecnologia. Le PMI non ritengono importante questa attività e molte volte non ne hanno il tempo. Ma come faccio a costruire un modello di business se non so che cos’è un modello di business? Il mondo è talmente veloce che in qualsiasi mestiere a volte ci si sente un po’ inadeguati. Lavorare su questo porterà molti benefici alle imprese. Devo avere personale innovativo ma anche manager innovativi. La piccola-media impresa non ha mai avuto questo tipo di priorità, e mette in secondo piano la formazione. Tutti devono essere formati, anche quelli che svolgono un mestiere statico. Chi non si forma continuamente rimane escluso dal mercato.
E lei, invece, come accorcia le distanze nel suo lavoro?
In tantissimi modi. Quando pensi hai bisogno di tempo, quando fai hai bisogno di velocità. Ormai ci siamo abituati a fare soltanto. Io cerco di fare più velocemente il mio lavoro, così da avere più tempo per pensare. Ad esempio, invece di andare di persona negli Stati Uniti a parlare con un cliente, con la tecnologia posso risparmiare tempo facendolo telefonicamente oppure online. Ma se, con quello stesso cliente, devo pensare a un nuovo modello di business, ho bisogno di incontrarlo di persona, quindi mi prenderò il tempo necessario per farlo. A volte noi pensiamo al telefono e facciamo le cose fisiche di persona, dovremmo invece fare il contrario.
Quali sono gli elementi che un manager deve avere per gestire un’azienda di successo?
Quello che ho visto nei manager che considero di successo è la capacità di vedere il futuro e costruire la propria azienda su di esso, non sul passato. Bisogna sempre pensare in prospettiva: di cosa ci sarà bisogno tra dieci anni? Che formazione devo fare per dare alle persone ciò che sarà utile e spendibile tra dieci anni? Nel mondo globalizzato, a mio avviso, la competizione non sarà più tra singole imprese, ma tra sistemi territoriali, che al loro interno abbiano la capacità produttiva, di pensiero, di formazione, che possa nell’insieme costruire un modello di business. Se lei mi chiedesse chi è il mio competitor, le risponderei che è il territorio dell’Oxfordshire in Inghilterra, dove ci sono Mercedes, Renault, Red Bull. Il nostro territorio è l’Emilia Romagna, con Lamborghini, Ferrari, Maserati… se faccio formazione con loro, se le persone che formo vanno in parte a lavorare per me e in parte per loro, avrò aumentato le competenze del mio sistema territoriale.
Se pensa a quello che sarà la “mobilità” nel futuro, cosa le viene in mente?
Sulle automobili, vedo delle auto sempre più green, che si guidano da sole. Poi ci sarà un altro tipo di auto che si guiderà su un circuito, per piacere. Le strade saranno progettate sempre più per la mobilità, sicura e efficiente. Anche il tempo sarà gestito diversamente, per avere la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni. Già molte aziende offrono la possibilità di noleggiare auto diverse a seconda delle esigenze che si hanno, pagando una certa somma mensile. Anche al lavoro sarà così: il concetto di mobilità sarà disegnato sempre più sulla persona e non sullo strumento.