AGRICOLTURA, TRA UOMO E AMBIENTE

AGRICOLTURA, TRA UOMO E AMBIENTE

Il lavoro agricolo, soprattutto dal punto di vista infortunistico, ma anche per alcune patologie correlate alla professione, è considerato tra i lavori più rischiosi per quanto riguarda la sicurezza degli operatori. Tuttavia, ancor oggi la salute dei lavoratori agricoli non è sempre tutelata in modo soddisfacente.

In agricoltura è difficilmente praticabile il tradizionale approccio dell’igiene industriale alla valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori. Questo fattore è dovuto soprattutto alla caratteristica di forte variabilità del settore. Inoltre, la maggior parte della forza lavoro agricola è rappresentata per lo più da lavoratori autonomi e dai loro collaboratori familiari o da lavoratori stagionali, e questi sono destinatari delle misure di tutela solo parzialmente e con normative non del tutto chiare (Dlgs 81/08 art.21, Dlgs 106/09, DM 27/3/2013) come purtroppo spesso succede nel nostro Paese.

Il lavoro agricolo, inoltre, ha una sua peculiarità: le attività svolte sono indirizzate alla produzione di alimenti attraverso l’uso di risorse ambientali. La tutela della sicurezza dei lavoratori diventa quindi, a maggior ragione, un dovere politico, etico e sociale, oltre che professionale in carico ai soggetti responsabili della prevenzione nei luoghi di lavoro.
Quali sono i fattori di rischio per la salute dei lavoratori del comparto?

Gli infortuni, spesso anche mortali, rappresentano la maggiore preoccupazione. I rischi per la salute sono costituiti da: rischio chimico che interessa gli antiparassitari, i fertilizzanti, gli oli e i carburanti per le macchine, gli antibiotici addizionati ai mangimi, i gas di origine biologica. Questi prodotti possono causare un’intossicazione acuta oppure degli effetti nocivi cronici e per alcuni è sospettato anche un effetto cancerogeno; rischio rumore perché quando è superiore a 85 dB(A) induce sordità e anche disturbi extrauditivi come ipertensione e tensione psichica; rischio vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema mano-braccio o al corpo intero da motoseghe, motocoltivatori, decespugliatori, trattori, possono comportare disturbi osteoarticolari, muscolari e vascolari; rischio movimentazione manuale carichi; rischio movimenti ripetitivi degli arti superiori; rischio biologico, in relazione o meno a contatti con animali, di contrarre una malattia infettiva come tetano, borelliosi (da zecche), brucellosi, dermatomicosi, leptospirosi, tubercolosi, ma anche allergie da allergeni animali o da piante, cereali o fieno essicati; rischio da condizioni climatiche sfavorevoli per caldo, freddo e umidità e da radiazioni solari ultraviolette che possono causare per un’esposizione cronica anche tumori cutanei.

Attualmente si parla sempre di più di “sostenibilità” di undeterminato processo o di un sistema, con il significato di “equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza
compromettere la possibilità per le future generazioni di sopperire alle proprie”. L’agricoltura ha il ruolo chiave in questo processo e un impatto determinante sull’ecosistema. Soprattutto nella viticoltura si è cercato di mantenere la sostenibilità di tutta la filiera intervenendo su diversi aspetti del lavoro, e in particolare sulla meccanizzazione delle varie operazioni richieste per la coltivazione ma anche sull’abbattimento del rischio chimico legato all’impiego di prodotti fitosanitari. La medicina del lavoro ha un ruolo importante in questo processo perchè si occupa degli aspetti della sicurezza e dell’igiene sui posti di lavoro, strettamente correlati alle problematiche ambientali. Ed è proprio qui che l’attività del medico del lavoro può dare un buon contributo a chi si occupa della salute pubblica e dell’ambiente.

Un buon esempio di lavoro di collaborazione tra soggetti pubblici diversamente interessati al problema, ma con l’obiettivo comune di capire gli eventuali aspetti critici e trovarne la soluzione, è lo studio di monitoraggio biologico eseguito dal Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS 7 di Pieve di Soligo/Conegliano assieme ai Comuni interessati alla viticoltura del Prosecco e all’Università di Padova. Lo scopo dello studio era di documentare una eventuale esposizione ad alcuni prodotti fitosanitari tra i residenti nelle zone confinanti con le aree viticole del prosecco di Conegliano, attraverso il dosaggio nelle urine di un prodotto del metabolismo dei fungicidi comunemente utilizzati nei vigneti. Lo studio ha evidenziato che sostanzialmente nei soggetti abitanti a ridosso dei vigneti non ci sono valori di etilentiourea superiori a quelli della popolazione generale non esposta e che solo nel 5% dei casi i valori sono leggermente superiori al valore considerato come limite superiore di riferimento.

Questo vuol dire che in quelle zone non sono stati riscontrati rischi significativi di esposizione ad anti parassitari, sia negli adulti che nei bambini. Infine, quando si parla di sicurezza nell’agricoltura si pone sempre molta attenzione ai problemi derivanti dall’impiego di antiparassitari a causa degli effetti nocivi che tali sostanze possono determinare sulla salute dell’uomo, sia per gli agricoltori che per i consumatori, e dell’ambiente; questo ha determinato negli anni recenti la produzione di norme e codici di autodisciplina molto più restrittivi che in passato, soprattutto là dove questi regolamenti possono convergere nel determinare effetti positivi sulla salute ma anche sulla qualità del prodotto.