A scuola senza banchi e a spasso per la città
Emozione, movimento e insegnamento sono i tre cardini di questa nuova metodologia per insegnare l’inglese. Matteo Rignanese, CEO di 2NYC, nonché ideatore di questo nuovo progetto, ci spiega come a New York si possa imparare l’inglese avendo come aula la città.
Che cos’è l’eMotion Learning?
Un modo differente di vivere la lingua e la città mettendo al centro le emozioni di cui New York è ricca e la scoperta di luoghi, quindi il concetto di movimento. Pertanto eMotion learning mette insieme tre concetti che si mescolano fra di loro: Emotion, motion e learning.
Dove nasce l’idea?
L’idea nasce da quando sono stato la prima volta a NY: da ottobre 2008 a gennaio 2009, voleva essere una pausa dalla mia vita italiana. In Italia lavoravo allo sviluppo del business di una scuola d’inglese. Di qui il desiderio di una esperienza all’estero, così sono venuto a NY e mi sono iscritto ad una scuola d’inglese. Dopo l’entusiasmo iniziale, dovuto alla nuova città, ho capito che il corso d’inglese fatto in quel modo non faceva per me. Sono diversi i motivi che mi hanno portato al rifiuto: perché ero tra quattro mura con un gruppo di persone numerose, un insegnante madrelingua che doveva interagire con troppa gente, i soliti libri, insomma tutte cose che avrei potuto trovare anche in Italia. Io scalpitavo invece per avere un rapporto più ravvicinato con la NY vera, quella di tutti i giorni che non si sposa particolarmente con l’inglese delle scuole. Così ho iniziato a prendere lezioni private con un insegnante con cui avevo appuntamento in posti pubblici per strada, e questo mi entusiasmava perché vivevo l’inglese con la città. Nota dolente, l’insegnante era molto annoiato e poco entusiasta e questo non giovava al mio apprendimento. Quando mi sono trasferito nel 2010 ho cominciato a mettere insieme i vari pezzi di questa idea. Al Central Park con due amiche del posto, mi sono reso conto che è stato come trovarsi in un film, perché le due signore hanno iniziato a parlare delle loro vicissitudini, con ironia, tristezza, gioia e simpatia. Beh mi sono divertito talmente tanto che nonostante il mio scarso inglese capivo quasi tutto quello di cui parlavano. L’insegnante annoiato e le due pazze amiche sono stati i due momenti che hanno dato vita all’idea. Volevo far apprendere l’inglese alle persone vivendo la città con dei tutor autoctoni entusiasti di trasmettere la loro conoscenza. Vorrei chiarire che non sto sminuendo la scuola tradizionale, diciamo che l’una non esclude l’altra.
È un percorso che vale anche per chi ha un inglese basico?
Sì, vale per tutti i livelli. Lo svolgiamo in modo individuale oppure uno a due. Anche se le basi di inglese sono scarse, l’entrare in empatia con il tutor il quale si adegua di volta in volta al livello dello studente, assicura dei risultati notevoli. La modalità individuale permette al tutor di tarare il suo livello con quello dello studente. Inoltre, c’è una anche un aspetto importante, una sorta di soglia di attivazione. Da ingegnere mi viene facile pensare ad un paragone legato alla chimica: quando non c’è sufficiente energia non avviene la reazione desiderata, nel senso che se non senti la fatica non si sperimentano i benefici. Le nostre lezioni hanno una durata giornaliera di 3-4 ore, ed è proprio questa interazione continua che ti mette nella situazione “soglia di attivazione” difficile distrarti perché sei one to one. Anche una settimana basta per avere delle differenze significative dal primo giorno.
Ci racconti una giornata tipo?
Partiamo dal presupposto che i percorsi sono differenti se parliamo di persone che sono già venute a NY o meno. Prendiamo studenti che non sono mai stati in questa città. In queste quattro ore proponiamo tre location diverse, contenuti e attività. Utilizziamo NY come parte integrante dell’interazione, senza che il percorso diventi un tour turistico guidato.
Prima tappa, la stazione centrale di Manhattan, qui c’è un aspetto architettonico curioso, ovvero, un arco che permette di parlare da una parte all’altra senza alzare la voce. Si mostra un video, si commenta con il tutor e si vive in diretta quello specifico episodio. Non solo, si comincia a parlare dei vari film che sono stati girati proprio in questa location, e così via.
Seconda tappa, Top of the Rock, che è la terrazza panoramica del Rockfeller. Da cui facciamo vedere una mappa reale della città, dove poter individuare i vari quartieri come Little Italy, il quartiere cinese, o la conformazione del territorio: un’isola che spesso passa inosservata perché si perde tra i vari grattaceli. Attraverso il tablet facciamo ascoltare una canzone nota che riprende alcuni aspetti di quel posto, e poi ci si sofferma per commentarlo.
Terza tappa Bryant Park, un luogo molto particolare perché circondato interamente dai grattacieli. Potrebbe essere l’altra versione di un’aula ma in un contesto vivo della città. A NY i cittadini vivono molto fuori casa, è per questo che la città è organizzata in spazi dove fare le più svariate attività in modo del tutto gratuito: dal sedersi semplicemente a leggere, a lavorare, o provare una scena teatrale. Questo parco pullula di attività ed è un’ottima fonte di contenuti stimolanti. Tra una tappa e l’altra il tutor fa una sorta di verifica di apprendimento del cliente per tarare ulteriormente il suo livello di inglese sulla persona. L’interazione con l’ambiente in real time permette un apprendimento più veloce e assimilabile.
Quanto costa una settimana?
Si parte da circa 1000 euro, e poi si personalizza il servizio secondo le esigenze del cliente. Il periodo ideale è di tre mesi perché è il periodo di durata massima del visto in America. Comunque dipende da diversi fattori: durata, intensità e l’eventuale alloggio. Un altro aspetto interessante dell’esperienza personalizzata è l’incontro con persone del settore professionale di interesse del cliente. Faccio un esempio: è venuto un DJ che è stato seguito da due tutor: una fa la cantante jazz e l’altra lavora in un’azienda che fa supporto logistico a tutte le troupe televisive che vengono a filmare a NY. Questo cliente è impazzito letteralmente di gioia, perché si è trovato a parlare con personaggi visti in TV o sulle copertine dei CD. Certo non possiamo rendere il corso specialistico sulle PR piuttosto che le risorse umane ma possiamo attingere dai variegati background dei tutor che hanno un qualche tipo di legame con lo specifico settore del cliente.
Dove “reclutate” le figure dei tutor?
Tutti i nostri tutor devono essere di NY, ma non necessariamente insegnanti di inglese, anzi noi cerchiamo persone che fanno altro e che mettono la loro esperienza, le loro passioni nel percorso didattico. Circa il 70% della didattica è strutturata, il 30% lo lasciamo all’individualità del singolo tutor. Li scegliamo per conoscenza diretta, siamo partiti da una base e poi abbiamo cominciato a chiedere loro di presentarci delle persone che potessero svolgere questo lavoro seguendo la filosofia dell’azienda. Preferiamo un rapporto diretto per capire sì le loro capacità, ma soprattutto verificare la parte umana che serve per entrare in empatia con il cliente. Un’altra caratteristica importante è che il tutor deve essere perfettamente integrato nella città, perché così può avere storie di vita da raccontare legate alle varie location. Tutto materiale che arricchisce la parte dei contenuti del percorso.
Nel condurre un turista succede che anche il tutor arrivi a guardare ed esplorare la città con occhi diversi dai propri? Insomma l’esperienza dell’esplorazione può essere contagiosa e vissuta anche dall’altra parte?
Come dicevo prima uno degli elementi su cui si basa questo progetto è l’entusiasmo del tutor che se parla di qualcosa che lo appassiona è facile che riesca a coinvolgere il cliente. Una delle nostre tutor dice che ogni volta per lei è come rivivere la città con l’occhio di chi non la conosce. Quindi sì, è una forma di esplorazione della città attraverso un occhio diverso.
In che modo la tecnologia si integra all’aspetto umano nel fare vivere l’esperienza dell’esplorazione?
La tecnologia è uno strumento di supporto, noi usiamo molto il tablet. Io per mia natura sono molto attratto dalla tecnologia e quando mi rendo conto che questa può essere da supporto per rendere questa esperienza ancora più reale, la esploro e la utilizzo. Un’idea su cui sto rimuginando è quella di un App della realtà aumentata che si integri in modo semplice con la tecnologia attuale dando ancora più spazio all’esperienza dei contenuti. Comunque noi siamo su www.2nyc.us se volete venirci a trovare.